Ieri ho scritto al corriere della sera una email educata breve e però decisa contro l’uso di “licei” per intendere le “scuole superiori” dicendo che i licei rappresentano meno della metà delle scuole superiori (49%) e che l’uso di licei era scorretto e in qualche modo discriminatorio.
Era come usare “suv” per intendere automobili.
E naturalmente contro il “liceali” per intendere gli studenti delle scuole superiori.
Oggi prima pagina del corriere:
Scuole superiori, caos sulla riapertura: non si rientra in presenza prima dell’11 gennaio
di Gianna Fregonara
05 gen 2021
Lo slittamento deciso nel Cdm notturno dopo che la maggior parte delle regioni aveva deciso di rinviare il ritorno degli studenti in classe
Gli studenti delle
scuole superiori non torneranno in classe il 7 gennaio, neppure al 50 per cento. Il governo dopo una giornata caotica e uno scontro durissimo in consiglio dei ministri ha deciso che si ricomincerà l’11. Soltanto le regioni che nel monitoraggio di venerdì 8 dovessero essere rosse, secondo le nuove regole dell’indice Rt approvate ieri, non riapriranno le
scuole superiori. Ma al momento nessuna Regione è vicino a quella soglia, che costringerebbe gli studenti a continuare con la Dad (qui lo speciale interattivo sui rischi del contagio a scuola).
Lo scontro con il Pd
A porre la questione del rinvio, dopo che le Regioni una dopo l’altra avevano annunciato in ordine sparso le loro ordinanze per non riaprire il 7 gennaio, è stato il capodelegazione del Pd Dario Franceschini che ha chiesto al premier Giuseppe Conte di rinviare almeno al 15 gennaio la ripresa dell’attività in presenza per le scuole superiori visti i rischi di aumento dei contagi e dell’arrivo della terza ondata del virus. Durissima la reazione delle ministre renziane Teresa Bellanova e Elena Bonetti che hanno parlato di un rinvio «inaccettabile»,tenendo la posizione della ministra Lucia Azzolina, che nel pomeriggio aveva lanciato l’anatema contro le regioni ribelli richiamandole a «riflettere sulle conseguenze delle loro decisioni di rinvio per gli studenti e le famiglie», e del premier Conte che solo domenica pomeriggio aveva ribadito che si doveva ricominciare il 7.
La mediazione
Ma riaprire giovedì dopo che le regioni già avevano spostato il loro calendario sembrava ormai impossibile: il governo si sarebbe trovato solo. Per questo l’idea del titolare della Salute Roberto Speranza e del ministro delle Regioni Francesco Boccia era quella di un mini rinvio dal 7 all’11, giorno in cui entrano in vigore le nuove soglie per determinare le aree di rischio . E alla fine ha prevalso come mediazione, un tentativo di mettere ordine e di dare un verso alle decisioni dei governatori. Ora bisognerà capire quanti si adegueranno e quanti confermeranno le loro ordinanze che tengono le
scuole superiori chiuse anche fino a febbraio.
La classifica
La fuga in avanti
Fino alla fine la giornata dell’incertezza e della confusione ha rischiato di non dare risposte alle famiglie, ai professori né ai presidi che stanno aspettando di capire come riorganizzare le lezioni e le loro vite. C’è l’irritazione dei prefetti contro le decisioni dei governatori, che hanno contraddetto le loro proposte. I sindacati parlano «di decisioni estemporanee» del governo e chiedono di essere convocati. Senza contare che crescono le petizioni e le proteste nelle scuole. E non manca lo scontro con le regioni di centrodestra — guidate da Luca Zaia — che ancora una volta sulla scuola hanno condizionato le scelte del governo con la loro fuga in avanti.
Usano “scuole superiori” e mai “licei” o “liceali”.
Sarà un caso? Non credo proprio.