uglygeek ha scritto:
Ma il fatto che poi alla fine la Jolie non la sposi, che anzi lei neanche sa che tu esista, lo dobbiamo completamente ignorare?
Il fatto che, per una malattia incurabile, quello che ti fa guarire e' un placebo lo dobbiamo ignorare? Beh, dipende. Se ti interessa la salute del paziente si. Se ti interessa che il paziente conosca la verita' no. Dove peraltro per verita' si intende che una pillola funziona senza che si sia dimostrato nulla, non avendo dimostrato che non ha effetti.
Cioe', come dice Harris, se una persona pensasse davvero queste cose riguardo Angelina Jolie, gli fanno un TSO e poi lo rinchiudono. Ma se una persona ha pensieri analoghi riguardo Dio allora e' un fedele
.
Non ho capito, se io vivo la mia vita pensando che la Jolie mi sposera' mi rinchiudono? Chi mi rinchiude?
A me sembra prendersi in giro da soli.
da soli chi? chi crede che sia un placebo non crede che sia un farmaco vero. Se io che credo sia un placebo comunque lo somministro a chi ci crede al massimo prendo in giro un altro a fin di bene, non mi prendo certo in giro da solo.
Anche perche' sulla base di questo placebo i religiosi vogliono anche imporre a tutti gli altri come devono vivere la loro vita.
No, 'i religiosi' non vogliono imporre nulla. Alcuni religiosi vogliono, ma questo esula dal discorso.
Chi si da' piu' importanza, chi si e' inventato un grande disegno
Non c'e' nulla di inventato. L'universo in cui viviamo e' un grande disegno, oggettivamente. Che si sia formato per caso o meno, rimane un grande disegno. Se vedo una grande parete affrescata, posso dire che nessun pittore l'ha dipinta, non che non esiste il disegno.
di cui si sente (tutt'altro che) minuscola parte immersa, come se l'universo fosse stato creato per lui,
Questo lo puo' pensare un religioso come un ateo, o puo' non pensarlo un religioso come un ateo. Dipende.
o chi ammette che non sa niente
L'ateo ammette che sa tutto, e' l'agnostico che ammette che non sa niente.
e non ha modo di conoscere i segreti dell'universo e cerca di capire quel che puo' con i suoi mezzi limitati e per il resto ammette semplicemente di non sapere?
no, per il resto comunque vive la sua vita e ha una sua morale, che non si basa su quello che sa, ma su altro. A te piace concentrarti sul sapere, forse.
Parlavamo dei gay, e, ad oggi, la scienza non ci dice molto sulle cause di questo orientamento sessuale. Che vuol dire questo, che dobbiamo analizzare la vita dei gay e dividerli tra chi ammette di non sapere perche' lo e', e chi si inventa che ha una causa, boh, genetica?
A te potrebbe piacere dividere i gay a questo modo. Io preferirei pensare che un gay comunque, senza sapere perche', ama un altro gay, ci vive una vita insieme, si innamora, e cosi' via. Importa che non conosca la reazione chimica dell'innamoramento? A me no, forse a te si, non saprei.
Io posso riconoscere i limiti della mia conoscenza, ma poi devo agire in base a qualcosa.
A te, mi pare, piace parlare della religione come conoscenza, credere in esseri immaginari. Questo accade a diverse persone, anche religiose, ma non a tutte. La fede, per molti, come del resto si evince dal termine, e' un affidarsi. Tu sottolinei che ci si affida a qualcosa di inventato. E' il tuo punto di vista. Allo stesos modo, io potrei dire che un bambino si affida ai genitori senza alcuna prova e conoscenza che ci sia motivo di farlo, o lo stesso un cane al padrone. O potrei dire che affidarsi vuol dire dare meno importanza a se stessi, ai propri pensieri. "Ammettere di non sapere" che vuol dire, in pratica? Vuol dire "fidarsi di se stessi nell'essere sicuri che non si puo' sapere". "Ammettere di non sapere" sembra un atteggiamento umile, ma in realta' significa "non credo a quello che mi dici, ho ragione io, quello che dici e' falso e io SO che non posso accettare nessun sapere dall'esterno'. E' una forma di sapere. Una forma, peraltro, molto razionale.
Se io vivo in base a questa conclusione razionale, sto identificando il mio essere con la mia ragione. Ma se ammetto di non sapere, ammetto anche di non sapere se la mia ragione e' me stesso. E non magari parte di me stesso come un'unghia, una parte del corpo come un'altra. La scienza non ci da' nessuna evidenza che la mia ragione conti piu' del mio stomaco. Se baso la mia vita sulla mia ragione e non sul mio stomaco, lo faccio perche' decido di sapere qualcosa. Se davvero so di non sapere, allora non so nemmeno se fidarmi del mio cervello o del mio pene.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)