Siamo nell'epoca delle "passioni tristi" ?

Dibattito sulla vita sociale, sui problemi politici e sui microchip nei vaccini
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ciccio
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Siamo nell'epoca delle "passioni tristi" ?

Messaggio da ciccio »

Fonte "corriere.it"
Corsi e ricorsi storici ? Decadimento dei valori ? Si stava meglio prima o adesso ? le passioni sono termometro della salute di una societá della societá ?
Prendo spunto dall'aricolo della Vegetti Finzi per pormi e porvi delle domande


LA FINE DELLE PASSIONI
I nonni volevano cambiare il mondo, i nipoti l'iPod

di Silvia Vegetti Finzi

Da sempre le passioni hanno rappresentato il modo più efficace per organizzare e rappresentare le pulsioni erotiche e aggressive dell'umanità. Nella cultura classica le divinità olimpiche impersonavano l'eccellenza delle passioni: nessuno era più iracondo di Zeus, più seduttorio di Afrodite, più geloso di Era. In verità non è mai esistita una società in cui le passioni non fossero controllate, limitate, contrastate da istanze antipassionali come la religione, la morale, l'educazione, le usanze e i costumi, per cui la civiltà, come sostiene Freud, è strutturalmente conflittuale.

Le modalità con cui si governano le passioni variano a seconda delle epoche e dei luoghi. La più efficace sembra quella che ne inibisce, non solo l'espressione, ma persino la rappresentazione mentale, rendendole impensabili. È significativo che la morale cattolica, processando l'intenzione stessa, consideri peccati anche le trasgressioni che avvengono sotto forma di pensieri, parole ed omissioni. Al posto delle passioni rimosse subentrano allora sentimenti, stati d'animo molto più vivibili e socialmente gestibili. Come mostra il teatro classico, le passioni sono improvvise, clamorose, eccessive, coinvolgono il corpo e la mente, richiedono di essere partecipate e testimoniate, raggiungono una climax per poi spegnersi nella catarsi, cioè nella purificazione delle loro componenti distruttive. Possiedono comunque una potenza trasformativa per cui, dopo, nulla rimane più come prima. Di contro i sentimenti sono sommessi, durevoli, talora privi di ogni coinvolgimento somatico, come quando si ascolta una melodia o si ammira un tramonto. Possono essere vissuti in solitudine, non chiedono necessariamente la presenza degli altri, non mirano a sovvertire gli equilibri interni o esterni.

Come tali sono più idonei a una «folla solitaria» anonima, omologata e tecnicizzata come quella contemporanea. Mentre l'Ottocento — che si apre allacciando amore e morte nel Werther di Goethe — ha messo in scena le passioni morali, il Novecento è stato il grande teatro delle passioni politiche. Ora le une e le altre sembrano spente. I romanzi sono stati sostituiti dalla letteratura minima-lista, l'opera lirica è diventata un reperto storico, la politica ha lasciato il passo all'amministrazione della cosa pubblica. Tuttavia il potenziale passionale rimane intatto, racchiuso nella mente e nel corpo in attesa di obiettivi che lo mobilitino, di figure che lo animino, di rapporti che lo condividano. Come utilizzarne le energie trasformative, le capacità creative? Poiché l'uomo non può, come Dio, creare dal nulla, occorre vi sia un ordine precostituito — un modello, una forma, un codice, un sistema — dalla cui destrutturazione possa sorgere un ordine differente, una figura originale, una nuova presenza nel mondo. Ma la tarda modernità è, in tutti i campi, così disgregata e informe da scoraggiare gli atteggiamenti di negazione, di rivolta o di sfida. Ove tutto si equivale, come è possibile mutare l'esistente? I nonni di oggi, la generazione che «ha fatto il '68», voleva cambiare il mondo, i loro nipoti si accontentano di cambiare il vecchio cellulare con l'ultimo iPod.

La meta si è immiserita ma la determinazione e lo slancio sono i medesimi. Soltanto che le passioni sono state dirottate sull'avere e l'apparire attraverso immagini suggestive che si sottraggono al giudizio e alla critica. All'adolescente che chiede «come devo essere?» si risponde «così», ricorrendo alla suggestione piuttosto che all'argomentazione. Poiché i riferimenti ideali risultano per definizione irrealizzabili, i ragazzi si confrontano con sentimenti di inadeguatezza ai quali cercano di reagire con comportamenti euforici o rinunciatari, in ogni caso incapaci di conferire senso e valore alla vita. Siamo nell'epoca di quelle che Spinoza chiamava «passioni tristi», contraddistinte da un malessere opaco, da un senso di inutilità e di impotenza che riflette l'appannamento del futuro. Privo di attese di salvezza e di felicità, il domani appare una minaccia piuttosto che una promessa capace di orientare il cammino verso l'età adulta. Infranti gli stampi della tradizione, venuti meno gli esempi edificanti dei santi e degli eroi, l'esistenza richiede a ciascuno di sfuggire all'assedio degli stereotipi e alle lusinghe dell'esibizionismo con il gesto creativo di farsi «narratore della propria storia ». Ma senza una circolazione vitale di idee e di emozioni la creatività non si accende e il gesto innovativo ricade inerme ancor prima di mettersi in gioco.

Da dove cominciare a prendere parola? Sappiamo che qualsiasi racconto ne prosegue uno precedente e, poiché non esiste un inizio assoluto, ogni prima volta è sempre un'altra volta. Per questo mi sembra importante affiancare, alla dominante comunicazione per immagini, la trasmissione di racconti, di storie di vita vissuta, allacciando tra le generazioni il filo di un discorso che veicoli emozioni oltre che dati e informazioni. Se non vengono tradotte in parole condivise, le esperienze passate precipitano nell'insignificanza e nell'oblio mentre la «volontà di dire», per usare una bella espressione di Mario Luzi, mantiene aperto un canale comunicativo che aiuta l'individuo ad uscire dalle strettoie del narcisismo e dell'egoismo proprietario, fondato sull'Io e sul Mio. Il passaggio del testimone da una generazione all'altra consente ai ragazzi di sentirsi membri di una comunità che non è solo fuori ma anche dentro di loro, protagonisti di una storia che non è conclusa e di un futuro che deve essere ridisegnato ricominciando dal punto in cui il discorso si è interrotto e le passioni, come gli dei, hanno abbandonato il mondo.
approccio concreto e pragmatico, frutto di esperienze, anche pesanti, maturate sul campo in contrapposizione con l'attitudine salottiera di questi utenti, perfettamente in linea con tanto mondo internettiano fatto di presunti esperti da tastiera. (cit.)
Gios
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Messaggio da Gios »

Voh, non so: da che ne so io, un po' sempre c'è stato un movimento centrifugo (lo sfogo della passione) contrapposto ad uno centripeto (il controllo delle passioni). Il mainstream culturale ha volte a privilegiato l'uno, a volte l'altro, forse per il maggior peso di volta in volta di artisti, statisti e storici: si accenna all'Ottocento, che è l'epoca dei personaggi di Dostoeskij, ma anche quello in cui la definizione di gentiluomo come "colui che ha controllo di sé" prende piede.


Immagino ora non sia molto diverso.
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alessandro
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Messaggio da alessandro »

non so...
mi sa che oggi il problema non e' solo dei quindicenni dei ventenni, ma di una grandissima parte della popolazione.

avere anceh solo un'idea di futuro, di cambiamento strutturale della societa', non e' facile.

per fortuna o purtroppo (io dico per fortuna) non ci sono piu' le grandi ideologie comuniste, fasciste, socialiste etc.. e anche quelle a spinta religiosa, almeno in italia non ci sono. (per fortuna).

si guarda all'Ipod? forse si.

ma gli adulti? guardano all'auto, alla villetta, a quanto gli fanno pagare di tasse. Ma la loro (nostra) occasione di cambiare il mondo l'hanno avuta, ma non interessava.


che battagli ci sono, o ci sarebbero da fare?
ci sono sentori di ritorno all aguerra fredda, ma nell'immediato direi che c'e' una battaglia per salvare il pianeta dalla distruzione a causa dell'inquinamento, ad esempio. un abattaglia per i diritti umani in cina, ma anche in USA, dove c'e' gente torturata da anni senza aver mai subito un processo, dove TUTTI sono intercettati, frugati, spiati.
in italia, ci sarebbe da combattere la battaglia dell'informazione negata, della corruzione, della commistione tra politica, imprenditoria, borghesia e mafia, ad esempio.
l abattaglia per questa diversita' sempre piu' ampia tra chi compra case e ville come comprare pane e per altri che per comprare pane e' come comprare una villa.
una battaglia per la giustizia, che e' sempre piu' ingiusta.
dove chi sa e puo', manda tutto in prescrizione, magari per aver sottratto dai conti correnti dei morti milioni di euro o per aver rubato con manovre finanziarie i risparmi di una vita a poveracci. prescrizione o un paio di mesi ai domiciliari.

mentre ch non puo', muore in carcere facendo lo sciopero della fame, perche' si e' beccato 1 anno e 6 mesi per "tentato furto" di pochi euro.

questa differenza, che c'e' sempre stata, oggi viene amplificata PER LEGGE: ad esempio con l'accorciamento della prescrizione per i reati finanziari, l'impossibilita' di intercettare (come scopri l'aggiotaggio seza intercettazioni? metti un poliziotto con la barba finta fuori dalla Borsa? )

ad esempio: con l'aggravante raziale, aumento della pena se il medesimo reato e' fatto da una persona con il permesso di soggiorno scaduto.

non so, ma ormai la gente si imbambola con la TV ceh dice "tutto bene tranne per il povero balenottero arenato" e pensa ai "fatti suoi".
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Johnny Rex
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Messaggio da Johnny Rex »

Mah.

La generazione dei padri , "quella del 1968" ha poi dato vita a baronie anche peggiori di quelle precedenti , una generazione magnificamente rappresentata ,nei suoi aspetti peggiori , dalle due "dissidenti borghesi" (la giornalista e la terrorista) descritte da De Cataldo nel suo Romanzo Criminale (chi ha letto il libro capirà, nel film non sono presenti).
La Generazione dei Nonni ha visto, e talvolta preso parte, a guerre civili, esterne, invasioni, massacri , nella peggior strage vista nella storia umana.
La Generazione dei bisnonni Idem. Ed erano, secondo alcuni, le "generazioni educate", quelle che " rispettavano i valori".
Nel 1914-1918 e 1939-1945 ci fu ampio modo di vedere come quelle "generazioni dai valori saldi" rispettassero tali principi.

Oggi, ci si straccia le vesti per episodi di bullismo scolastico ripresi coi cellulari.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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alessandro
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Messaggio da alessandro »

Johnny Rex ha scritto:Mah.

Oggi, ci si straccia le vesti per episodi di bullismo scolastico ripresi coi cellulari.


il bullismo non c'entra, almeno in quello ceh dico io.

il guaio non sono 4 deficenti, il guaio e' l'indifferenza totale verso un'idea di un mondo possibile differente.

la ricerca di un cambiamento in meglio.

la generazione del '68 poi, non era tutta composta da infervorati, la maggior parte dei ragazzi nal 68 era in fabbrica a lavorare, a sudare per pagare le cambiali della 500 o dell'Alfa o della televisione nuova.

non ho vissuto quell'epoca, che e' quella dei miei genitori, sarebbe interessante sentire qualcuno che c'era.

i miei lavoravano, in provincia si sentiva solo qualcosa, credo non succedesse quasi nulla, ma anche a Milano, c'erano gli scontri in piazza di alcuni ma tantissimi altri sentivano solo i racconti o vedevano in TV, quelli che non facevano l'universita' o non frequentavano sindacati e partiti.

Pero', un certo fermento per un'idea di mondo c'era.

oggi?
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rob
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Messaggio da rob »

Io mi accontenterei di vivere in un Paese dove si abbia coscienza della cosa pubblica come ho potuto toccare con mano in alcuni Paesi europei che ho avuto la fortuna di conoscere seppure solo da turista.
ciccio
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Messaggio da ciccio »

Ci sono spunti davvero interessanti nell'articolo.
Il primo concetto espresso é di termometro sociale. La passione é espressione del tempo e come tale in grado di misurare la salute di una societá.
L'evolversi della societá provoca e contribuisce la passione, ma c'é un altro concetto intrinseco piú interessante, "la passione é legata alla possibilitá di partecipazione". Il vecchio Gaber cantava : libertá é partecipazione.
Interessante a questo punto puó essere analizzare la passione come libertá o desiderio di liberazione, cosa che la Finzi fa in realtá nell'articolo.
Libertá-partecipazione-passione sono gli assiomi su cui l'articolo gravita.

I riferimenti all'ottocento come liberazione dell'immoralitá, del novvecento come liberazione dalla prepotenza del potere politico sono anche i momenti in cui l'intera societá puó cominciare a partecipare e dire la sua, la stessa possibile partecipazione é causa ed effetto della passione.

La discussione peró cade al giorno d'oggi, come considerare infatti il 68 come passione positiva ? Il 68 non solo non ha proposto nulla, ha solo messo in discussione il passato distruggendolo praticamente in ogni sua forma, il riflusso di cui parlava Jhonny é emblematico, quei sessantottini erano sistema ancor piú del sistema visti i risultati.
E la posizione di "Pasolini" profondamente anti68 non solo é geniale vista l'epoca e il contesto, ma é il riportare alla realtá e alla storia il contesto sociale.
Come non osservare che nel 77 la pochezza dei contenuti del 68 e la mancanza di un disegno costruttivo altro non abbiamo generato confusione e incapacitá di quella generazione di trovare qualsiasi punto d'appoggio per i contenuti delle proprie passioni degenerando il tutto prima in un'inutile violenza e poi nell'ovvio riflusso di pochezza attuale, l'i pod di cui si parla nell'articolo ?

Ma la domanda che mi pongo,
a prescindere da quella ovvia : da che parte stiamo andando se passioni e contenuti son questi ?
é questa :
Libertá-passione-partecipazione e contenuti che concordo con la Finzi essere tutti legati a doppia mandata, hanno bisogno della sofferenza, ovvero della mancanza per essere compresi, vissuti e rispettati ?
E' la mancanza della sofferenza che hanno i nostri nonni e bisnonni e company a scatenare passioni positive e costruttive ?
Questo potrebbe anche dire che tutto sommato quel "abbiamo giá tutto", "altro non possiamo fare che appassionarci per l'i pod e in questo modo partecipare attraverso il possesso" é la causa della pochezza delle passioni odierne e di conseguenza dei contenuti dell'uomo del giorno d'oggi.
Teoricamente si, ma questa risposta non mi ha mai convinto, é segno di immaturitá dell'uomo e di una societá. Indica l'uomo non dissimile da un adolescente, o forse questa é la condanna dell'uomo, essere un eterno adolescente quando lo inseriamo nel contesto sociale ?
Ultima modifica di ciccio il mar ago 26, 2008 10:42 am, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da Johnny Rex »

Molto bello il tuo riferimento a Gaber ,come l'omaggio a P.P.P

E' strano, e curioso notare come i figli degli anni 70' non usino pressochè mai l'espressione La mia generazione, usata dai figli degli anni 40'-50'-60'.
Forse perchè ancora giovani, forse perchè di fatto non si riconoscono in un Gruppo, in un qualcosa di più vasto.
E' l'atomizzazione progressiva dell' individuo il fatto di questi tempi, quello che si può correlare alla perdita della partecipazione,alla perdita generale del sentirsi parte di qualcosa.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Messaggio da andreinoz »

La generazione a cui fate riferimento ha indiscutibilmente perso... e senza possibilità di rivincita. Indietro non si torna..
ciccio
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Messaggio da ciccio »

andreinoz ha scritto:La generazione a cui fate riferimento ha indiscutibilmente perso... e senza possibilità di rivincita. Indietro non si torna..


Si ok,
ma quello che per lo meno io ritengo, che quella non é stata l'ultima generazione a essere portatrice di contenuti,
ma quella che é generatrice dell'io mi appassiono per l'i pod,
quella che altro non era che invidia di ció che non ho,
quella che ha generato in primis il contenuto del "possesso",
quella che visto che non posso partecipare, partecipo rompendo.

La generazione odierna non rompe, ma non partecipa, in parte perché i vertici sociali non ti lasciano partecipare, ma questo é sempre stato da che mondo é mondo, ma é soprattutto assolutamente inerme, non in grado di partecipare, per cui di essere libera.
E questa mancanza di libertá é ben rappresentata dal desiderio i pod, il poter partecipare é il partecipare a chi se lo puó permettere, ovvero l'entrare nel gioco di chi puó dire la sua, altrimenti sei fuori. Ma l'i pod non pensa.
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Messaggio da alessandro »

le generazioni precedenti avevano un'idea di nuovo sistema, che poi non l'abbiano realizzata e' un'altra storia.

pero' la societa' e' cambiata molto dagli anni 50-60 agli anni 70

si e' "sgessata", e' diventata meno autroritaria, meno diretta dall'alto.

oggi si ambisce a entrare nel sistema.

c'era un'intervista ad un ragazzo, alla domanda, cosa vuoi fare da grande (erano neodiplomati), uno ha risposto Politico.
m asenza saper rispondere in che partito o per fare cosa.
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