L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
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L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Posto un articolo di Ricolfi che condivido in toto.
Non ci sono abbastanza liberali
LUCA RICOLFI
Mai dire mai. Chi lo sa, potrebbe anche succedere. E se succedesse sarei il primo a rallegrarmene. Parlo della nascita, in Italia, di un «partito liberale di massa». Un partito anti-assistenziale, fiducioso nel libero mercato, determinato a modernizzare il Paese. E che, nonostante la sua vocazione a cambiare l’Italia, avesse un seguito elettorale largo. Un partito, per intenderci, che non fosse la riedizione dei suoi progenitori liberali, repubblicani, radicali, i quali - anche considerati tutti assieme - non arrivarono mai al 10% dei consensi.
E tuttavia, ora che quel sogno viene disseppellito da più parti, ora che tutte le novità politiche si autodipingono come liberali, mi si permetta di esternare un po’ di scetticismo. Si autoproclamano liberali i centristi di Casini e di Rutelli, impegnati (con Montezemolo?) a costruire il «Partito della nazione». Si autoproclamano liberali gli uomini di Fini, che si accingono a costituire il nuovo partito Futuro e libertà. Ed è sostanzialmente un progetto liberale quello con cui Chiamparino ha lanciato la sua Opa, la sua «Offerta pubblica di acquisto» sul Partito democratico, accuratamente argomentata nel suo libro-intervista appena uscito (La sfida, Einaudi).
Ma sono credibili queste sfide? Siamo sicuri che gli osservatori e gli studiosi che danno tanto credito a questi progetti non confondano i propri sogni con la realtà? Siano sicuri che quello del «partito liberale di massa» non sia essenzialmente un mito degli intellettuali, una proiezione dei loro desideri più che una possibilità concreta?
Insomma io sono perplesso, pur facendo parte della schiera di quanti pensano che l’Italia avrebbe solo da guadagnare dalla nascita di una simile creatura politica. Sono perplesso, innanzitutto, dal lato dell’offerta politica. Non ho mai creduto, ad esempio, che da due partiti illiberali, come il Pci e la Dc, potesse nascere un partito che avesse il liberalismo nel suo Dna; o, se preferite, che da due chiese potesse nascere una non-chiesa. Per questo penso che l’Opa di Chiamparino non potrà funzionare: il corpaccione del Partito democratico è troppo intossicato dal passato ideologico dei suoi fondatori, post-comunisti e post-democristiani, per reggere l’urto laico del sindaco di Torino (dove per me laicità non significa anticlericalismo, bensì libertà mentale). Allo stesso modo non penso che un partito di ispirazione genuinamente liberale possa nascere dagli eredi centristi della Dc, o dagli eredi post-fascisti dell’Msi. Non perché gli esponenti di questi partiti non lo vogliano, ma perché a frapporsi al progetto sono la loro storia, il loro insediamento prevalente nelle regioni assistite, la rete delle loro clientele nel Centro-Sud.
Non per nulla tutte le componenti del nascente Terzo polo (Udc, Api, Fli, Mpa) sono risolutamente antifederaliste, una circostanza che dovrebbe suscitare qualche interrogativo visto che, al momento, il federalismo è l’unico progetto politico organico di razionalizzazione della spesa pubblica e di contenimento della pressione fiscale, i due capisaldi di qualsiasi politica economica liberale.
La mia impressione è che, in questi giorni, si stia consumando un grande equivoco: chi sogna una destra europea, rispettosa delle istituzioni, aperta al dissenso, conservatrice ma non populista, tende a vedere il nuovo partito di Fini come la possibile incarnazione di una tale destra, ma al tempo stesso vuol credere che una tale destra - che io definirei semplicemente normale - sia destinata a evolvere in partito liberale di massa, come se l’essenza del liberalismo fosse solo lo «Stato di diritto» e non anche la difesa della concorrenza e la lotta senza quartiere al parassitismo economico. Detto altrimenti: è possibile che Fini dia vita (finalmente) a una destra classica, diversissima da quella di Berlusconi, ma questo non implica né che tale destra sia destinata ad assumere tratti liberali, né che sia capace di diventare di massa.
E qui veniamo alla seconda perplessità, questa volta dal lato della domanda politica. Su questo terreno, chiunque ci voglia provare - Fini, Chiamparino, Rutelli, Casini, Montezemolo - dovrà fare i conti con i numeri. E i numeri, basati su un’infinità di sondaggi e analisi delle preferenze elettorali, dicono una cosa piuttosto chiara: finché esistono un polo di destra e un polo di sinistra, lo spazio di un eventuale Terzo polo non può andare molto al di là del 20%, di cui solo la metà (circa il 10%) occupato da una eventuale formazione liberal-democratica. Lo dicono i sondaggi di questi mesi, lo rivelava già tre anni fa un esperimento condotto dalla rivista «Polena» per misurare il potenziale elettorale del centro cattolico e di un eventuale «partito di Montezemolo», di ispirazione liberaldemocratica.
Piaccia o no, in Italia i partiti di massa tendono a essere illiberali, e i partiti di ispirazione liberale tendono a non essere di massa. Ma soprattutto il problema è che i diversi ingredienti del liberalismo si trovano per così dire sparpagliati nel sistema politico, anziché riuniti in un unico partito. Se parliamo di immigrazione, di carceri, di diritti individuali, i più liberali sono i radicali, i seguaci di Vendola e i comunisti. Se parliamo di Stato di diritto, di separazione dei poteri, di senso delle istituzioni, i più liberali sono il Pd e il nascente partito di Fini. Se parliamo di politica economica, i più liberali (o i meno illiberali) sono i leghisti e i riformisti «coraggiosi» del Pd e del Pdl, da Ichino a Brunetta.
Insomma, la mia impressione è che lo spazio per un partito liberale di massa non ci sia. Ci provò Berlusconi nel 1994, e in quasi vent’anni non c’è riuscito nemmeno lontanamente, come ormai riconoscono anche i suoi. Ci provarono a modo loro, da sinistra, le menti più aperte del Partito democratico: Arturo Parisi, Michele Salvati, Walter Veltroni. Anche lì, niente da fare. L’idea piace, seduce, ma non passa. Forse è giunto il tempo di prenderne atto e darsi obiettivi più limitati. Quel che non è riuscito al Pd e al Pdl, difficilmente potrà nascere dalle schegge partitiche che, per le ragioni più diverse, non hanno voluto lasciarsi inglobare nei due partiti maggiori.
La domanda politica per un partito liberaldemocratico in Italia non manca, specie nel Centro-Nord. E sono convinto che esso farebbe bene al sistema politico italiano, che di iniezioni di liberalismo ha un disperato bisogno. Dunque qualcuno lo faccia, questo benedetto partito. Quello di cui non sono convinto è che a riuscire nell’impresa possano essere le forze politiche che attualmente si proclamano liberali, e tanto meno che il suo seguito possa essere di massa. Realisticamente, oggi in Italia lo spazio elettorale di una formazione compiutamente liberaldemocratica è quello di un partito medio, del 10-15%. E il suo ruolo possibile è il medesimo che esso svolge nella maggior parte dei sistemi politici in cui un tale partito esiste: quello di una forza che, alleata con la destra o con la sinistra, prova ad accelerare la modernizzazione economica e civile del Paese.
Non ci sono abbastanza liberali
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Mai dire mai. Chi lo sa, potrebbe anche succedere. E se succedesse sarei il primo a rallegrarmene. Parlo della nascita, in Italia, di un «partito liberale di massa». Un partito anti-assistenziale, fiducioso nel libero mercato, determinato a modernizzare il Paese. E che, nonostante la sua vocazione a cambiare l’Italia, avesse un seguito elettorale largo. Un partito, per intenderci, che non fosse la riedizione dei suoi progenitori liberali, repubblicani, radicali, i quali - anche considerati tutti assieme - non arrivarono mai al 10% dei consensi.
E tuttavia, ora che quel sogno viene disseppellito da più parti, ora che tutte le novità politiche si autodipingono come liberali, mi si permetta di esternare un po’ di scetticismo. Si autoproclamano liberali i centristi di Casini e di Rutelli, impegnati (con Montezemolo?) a costruire il «Partito della nazione». Si autoproclamano liberali gli uomini di Fini, che si accingono a costituire il nuovo partito Futuro e libertà. Ed è sostanzialmente un progetto liberale quello con cui Chiamparino ha lanciato la sua Opa, la sua «Offerta pubblica di acquisto» sul Partito democratico, accuratamente argomentata nel suo libro-intervista appena uscito (La sfida, Einaudi).
Ma sono credibili queste sfide? Siamo sicuri che gli osservatori e gli studiosi che danno tanto credito a questi progetti non confondano i propri sogni con la realtà? Siano sicuri che quello del «partito liberale di massa» non sia essenzialmente un mito degli intellettuali, una proiezione dei loro desideri più che una possibilità concreta?
Insomma io sono perplesso, pur facendo parte della schiera di quanti pensano che l’Italia avrebbe solo da guadagnare dalla nascita di una simile creatura politica. Sono perplesso, innanzitutto, dal lato dell’offerta politica. Non ho mai creduto, ad esempio, che da due partiti illiberali, come il Pci e la Dc, potesse nascere un partito che avesse il liberalismo nel suo Dna; o, se preferite, che da due chiese potesse nascere una non-chiesa. Per questo penso che l’Opa di Chiamparino non potrà funzionare: il corpaccione del Partito democratico è troppo intossicato dal passato ideologico dei suoi fondatori, post-comunisti e post-democristiani, per reggere l’urto laico del sindaco di Torino (dove per me laicità non significa anticlericalismo, bensì libertà mentale). Allo stesso modo non penso che un partito di ispirazione genuinamente liberale possa nascere dagli eredi centristi della Dc, o dagli eredi post-fascisti dell’Msi. Non perché gli esponenti di questi partiti non lo vogliano, ma perché a frapporsi al progetto sono la loro storia, il loro insediamento prevalente nelle regioni assistite, la rete delle loro clientele nel Centro-Sud.
Non per nulla tutte le componenti del nascente Terzo polo (Udc, Api, Fli, Mpa) sono risolutamente antifederaliste, una circostanza che dovrebbe suscitare qualche interrogativo visto che, al momento, il federalismo è l’unico progetto politico organico di razionalizzazione della spesa pubblica e di contenimento della pressione fiscale, i due capisaldi di qualsiasi politica economica liberale.
La mia impressione è che, in questi giorni, si stia consumando un grande equivoco: chi sogna una destra europea, rispettosa delle istituzioni, aperta al dissenso, conservatrice ma non populista, tende a vedere il nuovo partito di Fini come la possibile incarnazione di una tale destra, ma al tempo stesso vuol credere che una tale destra - che io definirei semplicemente normale - sia destinata a evolvere in partito liberale di massa, come se l’essenza del liberalismo fosse solo lo «Stato di diritto» e non anche la difesa della concorrenza e la lotta senza quartiere al parassitismo economico. Detto altrimenti: è possibile che Fini dia vita (finalmente) a una destra classica, diversissima da quella di Berlusconi, ma questo non implica né che tale destra sia destinata ad assumere tratti liberali, né che sia capace di diventare di massa.
E qui veniamo alla seconda perplessità, questa volta dal lato della domanda politica. Su questo terreno, chiunque ci voglia provare - Fini, Chiamparino, Rutelli, Casini, Montezemolo - dovrà fare i conti con i numeri. E i numeri, basati su un’infinità di sondaggi e analisi delle preferenze elettorali, dicono una cosa piuttosto chiara: finché esistono un polo di destra e un polo di sinistra, lo spazio di un eventuale Terzo polo non può andare molto al di là del 20%, di cui solo la metà (circa il 10%) occupato da una eventuale formazione liberal-democratica. Lo dicono i sondaggi di questi mesi, lo rivelava già tre anni fa un esperimento condotto dalla rivista «Polena» per misurare il potenziale elettorale del centro cattolico e di un eventuale «partito di Montezemolo», di ispirazione liberaldemocratica.
Piaccia o no, in Italia i partiti di massa tendono a essere illiberali, e i partiti di ispirazione liberale tendono a non essere di massa. Ma soprattutto il problema è che i diversi ingredienti del liberalismo si trovano per così dire sparpagliati nel sistema politico, anziché riuniti in un unico partito. Se parliamo di immigrazione, di carceri, di diritti individuali, i più liberali sono i radicali, i seguaci di Vendola e i comunisti. Se parliamo di Stato di diritto, di separazione dei poteri, di senso delle istituzioni, i più liberali sono il Pd e il nascente partito di Fini. Se parliamo di politica economica, i più liberali (o i meno illiberali) sono i leghisti e i riformisti «coraggiosi» del Pd e del Pdl, da Ichino a Brunetta.
Insomma, la mia impressione è che lo spazio per un partito liberale di massa non ci sia. Ci provò Berlusconi nel 1994, e in quasi vent’anni non c’è riuscito nemmeno lontanamente, come ormai riconoscono anche i suoi. Ci provarono a modo loro, da sinistra, le menti più aperte del Partito democratico: Arturo Parisi, Michele Salvati, Walter Veltroni. Anche lì, niente da fare. L’idea piace, seduce, ma non passa. Forse è giunto il tempo di prenderne atto e darsi obiettivi più limitati. Quel che non è riuscito al Pd e al Pdl, difficilmente potrà nascere dalle schegge partitiche che, per le ragioni più diverse, non hanno voluto lasciarsi inglobare nei due partiti maggiori.
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"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
(paoolino parafrasando Sciascia)
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Certo, in italia ci vuole un po' più di libero mercato, che sono tutti 'sti lacci e lacciuoli.
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
sempre meglio di un nuovo partito nazista, ma spero sta sciagura non si verifichi maipaoolino ha scritto:. Un partito anti-assistenziale, fiducioso nel libero mercato,.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Certo, Economia Liberale e Lavoro Nero pari sono....Zonker ha scritto:Certo, in italia ci vuole un po' più di libero mercato, che sono tutti 'sti lacci e lacciuoli.
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
io per le aziende semplicemente copierei tutte le leggi tedesche. Non che siano perfette , ma sarebbe gia' molto. Pari pari. ovviamente in germania il libero mercato esiste, eh, ci mancherebbe.
comunque, a parte gli scherzi, un partito che non voterei mai e di cui mi farebbe antipatia il nome (liberal e' per di piu' riferito a persone di sinistra, in europa, il nome confonde le idee, preferirei 'partito liberista') ma ovviamente rispetterei un partito vero votato e ben organizzato, anche se di idee diverse dalle mie. E ben venga un partito cosi' a destra
comunque, a parte gli scherzi, un partito che non voterei mai e di cui mi farebbe antipatia il nome (liberal e' per di piu' riferito a persone di sinistra, in europa, il nome confonde le idee, preferirei 'partito liberista') ma ovviamente rispetterei un partito vero votato e ben organizzato, anche se di idee diverse dalle mie. E ben venga un partito cosi' a destra
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
intendevo dire che in Italia nella sostanza per un sesto dell'economia il libero mercato c'è già in abbondanzapaoolino ha scritto:Certo, Economia Liberale e Lavoro Nero pari sono....Zonker ha scritto:Certo, in italia ci vuole un po' più di libero mercato, che sono tutti 'sti lacci e lacciuoli.
Tutti insieme valgono quasi il 17% del Pil, oltre 250 miliardi di euro
250 miliardi senza regole, più LIBERO di così ...
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Mi pare che Ricolfi si riferisca ad un partito che sia allo stesso tempo liberale (nell'accezione estera del termine "liberal" e per ciò liberale per quanto riguarda i temi etici e sociali) e liberista (cioé liberale dal punto di vista economico). Insomma, un partito per certi versi simile al Libertarian Party statunitense o all' FDP tedesco.Nickognito ha scritto: comunque, a parte gli scherzi, un partito che non voterei mai e di cui mi farebbe antipatia il nome (liberal e' per di piu' riferito a persone di sinistra, in europa, il nome confonde le idee, preferirei 'partito liberista') ma ovviamente rispetterei un partito vero votato e ben organizzato, anche se di idee diverse dalle mie. E ben venga un partito cosi' a destra
Ultima modifica di paoolino il mer set 08, 2010 12:23 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Questa la chiamo ANARCHIA, non LIBERTA'.Zonker ha scritto:intendevo dire che in Italia nella sostanza per un sesto dell'economia il libero mercato c'è già in abbondanza
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Non sono partiti di massa. È vero che i liberali tedeschi sono stati al governo per moltissimi anni, hanno intessuto alleanze ora con la democrazia cristiana tedesca, ora con la socialdemocrazia (Brandt, Schmidt), ma pur ottenendo consensi significativi non hanno mai raggiunto risultati tali da diventare un partito di massa.paoolino ha scritto:Mi pare che Ricolfi si riferisca ad un partito che sia allo stesso tempo liberale (nell'accezione estera del termine "liberal" e per ciò liberale per quanto riguarda i temi etici e sociali) e liberista (cioé liberale dal punto di vista economico). Insomma, un partito per certi versi simile al Libertarian Party statunitense o all' FDP tedesco.Nickognito ha scritto: comunque, a parte gli scherzi, un partito che non voterei mai e di cui mi farebbe antipatia il nome (liberal e' per di piu' riferito a persone di sinistra, in europa, il nome confonde le idee, preferirei 'partito liberista') ma ovviamente rispetterei un partito vero votato e ben organizzato, anche se di idee diverse dalle mie. E ben venga un partito cosi' a destra
Si tenga conto che l'ideologia liberale può essere riferimento di più formazioni politiche in ciascun Paese: il caso della Gran Bretagna è emblematico.
Si arriva al paradosso che nel mondo occidentale i valori liberali sono riconosciuti in ciascuna carta fondamentale, ma in quasi nessun paese europeo c'è un partito liberale di massa; eccezioni potrebbero essere il PSD portoghese o il Regno Unito con il Conservative Party.
Insomma bisogna traversare l'Atlantico e andare nell'America del Nord, anche se poi c'è qualche estremista che pensa che Obama e i democratici siano pericolosi "bolscevichi".
Ultima modifica di rob il mer set 08, 2010 1:29 pm, modificato 2 volte in totale.
Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Non credo nei Liberali.paoolino ha scritto:Posto un articolo di Ricolfi che condivido in toto.
Non ci sono abbastanza liberali
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Mai dire mai. Chi lo sa, potrebbe anche succedere. E se succedesse sarei il primo a rallegrarmene. Parlo della nascita, in Italia, di un «partito liberale di massa». Un partito anti-assistenziale, fiducioso nel libero mercato, determinato a modernizzare il Paese.
Mi piacerebbe un partito SocialLiberale
Il liberalismo sociale o socioliberalismo è una corrente derivante da uno sviluppo del liberalismo classico avvenuto nel tardo Ottocento, che si è aperto ad alcuni principi della cultura socialdemocratica
L'espressione "liberalismo sociale" è stata utilizzata come etichetta da partiti liberali progressisti per differenziarsi dai partiti liberali classici o conservatori, specialmente in Paesi dove esistono due o più partiti liberali. Il liberalismo sociale si differenzia dal liberalismo classico soprattutto perché, mentre quest'ultimo abbraccia una filosofia economica rigorosamente liberista, il primo vede positivamente un certo ruolo dello Stato nella fornitura di servizi sociali essenziali per i cittadini e pone alcune restrizioni agli affari economici, come leggi anti-trust per combattere i monopoli economici, corpi regolatori o leggi sui salari minimi....
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Spero sia chiaro che il mio post introduttivo non voleva essere un'ennesima apologia del "libertarianism".
Mi interessa di più discutere sul perché, nel panorama politico italiano, vada tanto di moda (ormai dal 1994) il mettersi sotto la bandiera liberale/liberista da parte di persone che, per storia e azione politica anche recente, di liberale/liberista hanno poco o nulla, considerando anche il fatto che in Italia questa massa di liberali/liberisti neanche esiste, visto che - al più - potrebbe avere un peso elettorale del 10-12%
Mi interessa di più discutere sul perché, nel panorama politico italiano, vada tanto di moda (ormai dal 1994) il mettersi sotto la bandiera liberale/liberista da parte di persone che, per storia e azione politica anche recente, di liberale/liberista hanno poco o nulla, considerando anche il fatto che in Italia questa massa di liberali/liberisti neanche esiste, visto che - al più - potrebbe avere un peso elettorale del 10-12%
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Chiaro Paolino.paoolino ha scritto:Spero sia chiaro che il mio post introduttivo non voleva essere un'ennesima apologia del "libertarianism".
Mi interessa di più discutere sul perché, nel panorama politico italiano, vada tanto di moda (ormai dal 1994) il mettersi sotto la bandiera liberale/liberista da parte di persone che, per storia e azione politica anche recente, di liberale/liberista hanno poco o nulla, considerando anche il fatto che in Italia questa massa di liberali/liberisti neanche esiste, visto che - al più - potrebbe avere un peso elettorale del 10-12%
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Boh. Un editoriale di non so quante righe sul liberalismo in Italia, in cui l'autore riesce a non citare mai nemmeno per sbaglio il problema della 'laicità'. Mi pare una delle grandi anomalie dei liberali alle vongole italiani: son tutti laici. Tutti. Anche Casini. Fra un po' pure il papa è laico. Son 'gli altri' che sono "laicisti".
Lo voglio rivedere, Fabio
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Ah invece un riferimento c'èBurano ha scritto:Boh. Un editoriale di non so quante righe sul liberalismo in Italia, in cui l'autore riesce a non citare mai nemmeno per sbaglio il problema della 'laicità'. Mi pare una delle grandi anomalie dei liberali alle vongole italiani: son tutti laici. Tutti. Anche Casini. Fra un po' pure il papa è laico. Son 'gli altri' che sono "laicisti".
per me laicità non significa anticlericalismo, bensì libertà mentale.
Prego?
Lo voglio rivedere, Fabio
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Il termine 'liberale' sì, è ancora abbastanza di moda.paoolino ha scritto:Spero sia chiaro che il mio post introduttivo non voleva essere un'ennesima apologia del "libertarianism".
Mi interessa di più discutere sul perché, nel panorama politico italiano, vada tanto di moda (ormai dal 1994) il mettersi sotto la bandiera liberale/liberista da parte di persone che, per storia e azione politica anche recente, di liberale/liberista hanno poco o nulla, considerando anche il fatto che in Italia questa massa di liberali/liberisti neanche esiste, visto che - al più - potrebbe avere un peso elettorale del 10-12%
"LIberismo" non più da più di dieci anni. Era di moda nel '94, Berlusconi ci vinse le elezioni. Con quello e col "popolo delle partite iva". Già nel '96, non vorrei sbagliarmi, se si va a guardare discorsi e interviste, la parola 'liberismo" nel polo delle libertà la usavano mooolto meno.
Oggi nessuno si dichiara più liberista. Guarda Tremonti...E perfino i Pannelliani lo slogan del "lib-lib-lib" mi pare lo abbiano abbandonato da tempo.
Di questi tempi, con la crisi, il precariato, i licenziamenti, chi è quel pazzo che parlerebbe mai di "rivoluzione liberista" ?! Neppure chi liberista lo è davvero.
Lo voglio rivedere, Fabio
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Bè, possiamo dire che nel dizionario politichese italiano la parola "liberismo" è stata sostituita da "riformismo".
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Signorina Libertà, Signorina Anarchiapaoolino ha scritto:Questa la chiamo ANARCHIA, non LIBERTA'.Zonker ha scritto:intendevo dire che in Italia nella sostanza per un sesto dell'economia il libero mercato c'è già in abbondanza
Tutti insieme valgono quasi il 17% del Pil, oltre 250 miliardi di euro
250 miliardi senza regole, più LIBERO di così ...
Topic interessante.
Personalmente in politica mi colloco tra i liberali di sinitra: radicalità riguardo ai temi etico-culturali (laicità, diritti delle minoranze, droga, sessualità, eutanasia etc.) e più vicino al centro su questioni socio-economiche (vedi Political Compass e topic relativo).
Su quest'ultime però, oscillo, e mentre tendo comunque a farmi convincere della bontà di molte singole soluzioni liberali/liberiste, resta un nocciolo profondo (comunista forse? ) in me che resiste (re, resistere, resistere).
Non ci rifletto quanto meriterebbe, o almeno non l'ho fatto ancora.
Però, così, grossolanamente, i capisaldi delle mie perplessità e resistenze all'ideologia liberale sono essenzialmente due:
1) l'idea che la libera economia di mercato sia un bene assoluto. Idea che ne presuppone un'altra: che l'antropologia dell'Homo Oeconomicus Smithiano sia universalmente e atemporalmente valida. E che va di pari passo con le pretese scientifiche dell'Economia (politica);
2) i peana entusiasti allo 'Spirito Animale' dell'imprenditore Schumpeteriano, come motore del mondo sociale. Qui i dubbi si fanno ancora più seri, e, anche per esperienza personale, sono spesso tentato ad abbandonarmi alla teoria nick-Saviano sull'imprenditore come criminale legalizzato (s'esagera, mettendola giù così alla brutta, ma è per indicare tutte quelle similitudini, innegabili, tra l'attività imprenditoriale e quella della criminalità organizzata).
“True terror is to wake up one morning and discover that your high school class is running the country.” (K. Vonnegut)
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Se una cosa è emersa in questi ultimi anni, è che la mano invisibile che sistema tutte le cose non esiste.
Ora poi, con le "nostre" aziende che fanno la rincorsa su quelle del secondo e terzo mondo e che fosse per loro cancellerebbero metà dei diritti sociali e delle conquiste dei lavoratori degli ultimi 150 anni, pensare che nel fare il loro interesse finiscano per fare indirettamente e senza volerlo anche quello degli altri, è follia pura
Ora poi, con le "nostre" aziende che fanno la rincorsa su quelle del secondo e terzo mondo e che fosse per loro cancellerebbero metà dei diritti sociali e delle conquiste dei lavoratori degli ultimi 150 anni, pensare che nel fare il loro interesse finiscano per fare indirettamente e senza volerlo anche quello degli altri, è follia pura
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Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
Follow the Germans, in effetti, per quanto possa suonare un po' inquietante per qualcuno.Nickognito ha scritto:io per le aziende semplicemente copierei tutte le leggi tedesche. Non che siano perfette , ma sarebbe gia' molto. Pari pari. ovviamente in germania il libero mercato esiste, eh, ci mancherebbe.
Articolo scritto in italiano dubbio, ma il concetto è chiaro.
“True terror is to wake up one morning and discover that your high school class is running the country.” (K. Vonnegut)
Re: L'Utopia del Partito Liberale e di Massa
bé, ma il liberalismo classico di fatto fortunatamente non esiste (dico, neppure la Scuola di Chicago aderiva al libearlismo classico).klaus ha scritto:Non credo nei Liberali.
Mi piacerebbe un partito SocialLiberale
Il liberalismo sociale o socioliberalismo è una corrente derivante da uno sviluppo del liberalismo classico avvenuto nel tardo Ottocento, che si è aperto ad alcuni principi della cultura socialdemocratica
L'espressione "liberalismo sociale" è stata utilizzata come etichetta da partiti liberali progressisti per differenziarsi dai partiti liberali classici o conservatori, specialmente in Paesi dove esistono due o più partiti liberali. Il liberalismo sociale si differenzia dal liberalismo classico soprattutto perché, mentre quest'ultimo abbraccia una filosofia economica rigorosamente liberista, il primo vede positivamente un certo ruolo dello Stato nella fornitura di servizi sociali essenziali per i cittadini e pone alcune restrizioni agli affari economici, come leggi anti-trust per combattere i monopoli economici, corpi regolatori o leggi sui salari minimi....
A maggior ragione in Europa, vuoi per le vicende storiche, vuoi per gli influssi calvinisti e socialisti.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento