tecnologia e felicita'
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Re: tecnologia e felicita'
non so pero', la parola benessere fa pensare a un comodo divano, al massimo al riscaldamento, e ad andare al teatro o noleggiarsi un film
pero' la parola benessere puo' significare , che so, essere cieco o vederci, e, se certo ci saranno molti ciechi piu' felici di molti vedenti, fa un effetto diverso rispetto al divano, e anche agli psicofarmaci
pero' la parola benessere puo' significare , che so, essere cieco o vederci, e, se certo ci saranno molti ciechi piu' felici di molti vedenti, fa un effetto diverso rispetto al divano, e anche agli psicofarmaci
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Re: tecnologia e felicita'
Bellezza, ricchezza, giovinezza, amore, tecnologia sono molto ambite perché promesse di felicità.BackhandWinner ha scritto:Altre domande: la correlazione tra felicità e quantità di denaro invece, ad esempio?
Ecco, dovremmo forse chiederci anche dell'eventuale correlazione tra felicità e quantità di tecnologia?
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Re: tecnologia e felicita'
L'idea molto vaga e confusa che ho della felicità, o almeno della felicità che vorrei per me, è che quest'ultima non dovrebbe essere legata a situazioni contingenti, come la propria condizione economica, di salute, sentimentale ecc. Essere felici non dovrebbe dipendere dal possesso di un oggetto, materiale o astratto che sia, perché mi darebbe l'idea di una felicità "debole", condizionata da troppi fattori esterni.
Essere felici perché si ha accanto una persona che amiamo e che ci ama a sua volta vuol dire che, se quella persona se ne dovesse andare, non saremmo più felici. Si tratterebbe dunque di una felicità che non ha origine in noi stessi, soggetta a sparire nel momento stesso in cui dovessimo perdere l'amore di questa persona. Non avremmo la vera felicità, avremmo un qualcosa che ci fa sentire felici, ma per come la vedo io la felicità dovrebbe avere un carattere immanente, e che una volta trovata risieda in noi a prescindere da quello che abbiamo o non abbiamo.
Insomma, riuscire a provare momenti di autentica felicità anche se si sta male, anche se quello che abbiamo attorno è desolante, anche se non si possiede nulla: è possibile una cosa del genere?
Personalmente non ne ho idea.
Però credo che se si vuole trovare una risposta a ciò sia più utile la filosofia, o la religione, che la tecnologia.
Io sono profondamente riconoscente, tra gli altri, verso i medici che hanno scoperto l'anestesia, verso Gutemberg, i fratelli Lumière e chiunque abbia inventato la ricetta del tiramisù.
Il progresso tecnologico ha reso infinitamente migliori le nostre vite, ma sono del tutto d'accordo con paoolino sulla distinzione tra benessere e felicità, e per quanto mi riguarda vorrei che la seconda non dipendesse in alcun modo dal primo.
Comunque non sono molto sicura di aver capito cosa ho appena scritto, quindi potete anche far finta di niente.
Essere felici perché si ha accanto una persona che amiamo e che ci ama a sua volta vuol dire che, se quella persona se ne dovesse andare, non saremmo più felici. Si tratterebbe dunque di una felicità che non ha origine in noi stessi, soggetta a sparire nel momento stesso in cui dovessimo perdere l'amore di questa persona. Non avremmo la vera felicità, avremmo un qualcosa che ci fa sentire felici, ma per come la vedo io la felicità dovrebbe avere un carattere immanente, e che una volta trovata risieda in noi a prescindere da quello che abbiamo o non abbiamo.
Insomma, riuscire a provare momenti di autentica felicità anche se si sta male, anche se quello che abbiamo attorno è desolante, anche se non si possiede nulla: è possibile una cosa del genere?
Personalmente non ne ho idea.
Però credo che se si vuole trovare una risposta a ciò sia più utile la filosofia, o la religione, che la tecnologia.
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Il progresso tecnologico ha reso infinitamente migliori le nostre vite, ma sono del tutto d'accordo con paoolino sulla distinzione tra benessere e felicità, e per quanto mi riguarda vorrei che la seconda non dipendesse in alcun modo dal primo.
Comunque non sono molto sicura di aver capito cosa ho appena scritto, quindi potete anche far finta di niente.
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Re: tecnologia e felicita'
Che bel post, JJ, altroché.Janie Jones ha scritto:L'idea molto vaga e confusa che ho della felicità, o almeno della felicità che vorrei per me, è che quest'ultima non dovrebbe essere legata a situazioni contingenti, come la propria condizione economica, di salute, sentimentale ecc. Essere felici non dovrebbe dipendere dal possesso di un oggetto, materiale o astratto che sia, perché mi darebbe l'idea di una felicità "debole", condizionata da troppi fattori esterni.
Essere felici perché si ha accanto una persona che amiamo e che ci ama a sua volta vuol dire che, se quella persona se ne dovesse andare, non saremmo più felici. Si tratterebbe dunque di una felicità che non ha origine in noi stessi, soggetta a sparire nel momento stesso in cui dovessimo perdere l'amore di questa persona. Non avremmo la vera felicità, avremmo un qualcosa che ci fa sentire felici, ma per come la vedo io la felicità dovrebbe avere un carattere immanente, e che una volta trovata risieda in noi a prescindere da quello che abbiamo o non abbiamo.
Insomma, riuscire a provare momenti di autentica felicità anche se si sta male, anche se quello che abbiamo attorno è desolante, anche se non si possiede nulla: è possibile una cosa del genere?
Personalmente non ne ho idea.
Però credo che se si vuole trovare una risposta a ciò sia più utile la filosofia, o la religione, che la tecnologia.
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Comunque non sono molto sicura di aver capito cosa ho appena scritto, quindi potete anche far finta di niente.
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Re: tecnologia e felicita'
La felicità possibile solo come proiezione futura (e necessariamente vaga). Oke-Pascal-LeopardiOkefenokee ha scritto:Bellezza, ricchezza, giovinezza, amore, tecnologia sono molto ambite perché promesse di felicità.BackhandWinner ha scritto:Altre domande: la correlazione tra felicità e quantità di denaro invece, ad esempio?
Ecco, dovremmo forse chiederci anche dell'eventuale correlazione tra felicità e quantità di tecnologia?
I frammenti infinitesimali, quasi intangibili, di felicità. Rosewall (et al.?)
La vera felicità come distacco e indipendenza (per quanto possibile) dalle contingenze del mondo esterno. JJ, Epitteto (e nick?).
Bene, bello, ci devo pensare.
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Re: tecnologia e felicita'
Il Mistero, quindi.nick buckley ha scritto: Per quel che ho capito il massimo che possiamo aspirare è una vita ignara del suo fine e della sua fine.
Ma vi siamo già immersi (ossia, non sappiamo nè l'uno nè l'altra).
In altre parole, Buckley ed il Migliore dei Mondi possibili .
In questa visione, una Tecnologia teleologica, che spieghi quindi il fine del mondo, ed analizzando il DNA ci dica con certezza che vivremo 56, 70 o 92 anni, annullerebbe, o ridurrebbe, il mistero, venendo meno al memento biblico dell'uomo beato perchè non conosce il suo destino.
Il Discorso di JJ.
Dipendere la felicità da altro da noi stessi genera le problematicità che annoti (l'effimero su tutto) ,eppure provo più simpatia e,perchè no, tenerezza ,per l'Uomo che necessita dell'Altro per vivere che per chi racchiude tutto in un discorso autocompiuto,per chi ha sempre le risposte pronte ,per chi pretende (perchè è per lo più pretesa) di conoscere perfettamente sè stesso e quindi di rappresentare la propria realtà (comune o no, l'unica che si conosce) in modo compiuto.
Stesso motivo per cui mi piacciono i tic umani, dal portarsi dietro sempre la stessa penna come portafortuna allo stesso cappotto indossato in panchina , all'incazzarsi più perchè ti han portato un caffè che non era il solito che per un contratto importante saltato all'ultimo minuto .
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: tecnologia e felicita'
Io con benessere intendo anche la possibilità di curare malattie o di correggere difetti fisici e, comunque, non lo vedo indissolubilmente legato alla felicità.Nickognito ha scritto:non so pero', la parola benessere fa pensare a un comodo divano, al massimo al riscaldamento, e ad andare al teatro o noleggiarsi un film
pero' la parola benessere puo' significare , che so, essere cieco o vederci, e, se certo ci saranno molti ciechi piu' felici di molti vedenti, fa un effetto diverso rispetto al divano, e anche agli psicofarmaci
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
(paoolino parafrasando Sciascia)
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Re: tecnologia e felicita'
si, si, JJ e Nick, anche
Una cosa aver bisogno degli altri. Altra cosa e' aver necessita' di qualcuno in particolare. NOn aver bisogno di nessuno per essere felici non significa vivere soli e felici freddamente nel proprio eremo, ma magari non obbligare altri, se non vogliono, alla nostra presenza sotto velata minaccia che solo loro possono renderci felici.
Una cosa aver bisogno degli altri. Altra cosa e' aver necessita' di qualcuno in particolare. NOn aver bisogno di nessuno per essere felici non significa vivere soli e felici freddamente nel proprio eremo, ma magari non obbligare altri, se non vogliono, alla nostra presenza sotto velata minaccia che solo loro possono renderci felici.
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Re: tecnologia e felicita'
Credo che parte del problema possa essere riassunto, tra tecnologia ed felicità, sul problema del corpo.
Che io sappia ci sono tre correnti, poi suddivise in una miriadi di fiumicciattoli e torrentelli, nella relazione dell'uomo nella sua interezza, e il corpo (e il benessere che si può trarre da questo). Perdonerete la banalità e la didatticità della divisione, ma credo che per un occidentale sia così.
C'è lo stoicismo, quindi , dove il corpo è un peso, un involucro, e così ogni riferimento al sensuale. La conseguenza di questo è una tendenza al distacco dalle cose corporali. Per quanto ne so, cioé molto poco, anche le scuole orientali sono portate a questa tendenza. Credo che nelle peggiori delle ipotesi questo possa portare allo gnosticismo, ed ad alcune forme più estreme dell'eremitismo (oppure, nella autoevirazione di Origene); ad ogni modo non mi pare pericoloso. C'è il famoso aneddoto del letto di Seneca nella reggia di Nerone, oppure anche della morte dello stoico: credo che in questo caso la tecnologia non incida sulla felicità.
Anche se, più che di felicità, credo in questo caso si possa parlare di allontanamento dall'infelicità: non c'è possibilità di felicità nel considerare una parte della nostra figura in maniera negativa.
Stoicismo che però, oggi, è scomparso o quasi. Diverso mi pare il caso dell'epicureismo, dove si glorifica il corpo. Il neopaganesimo chirurgico, palestrato, disincantato, omnisensuale, esclusivo, biologico, animista, terrorizzato dalla morte (se Veronesi e Berlusconi si potessere intendere su qualcosa, sarebbe sul desiderio di poter vivere a 120 anni) di oggi, è una forma di epicureismo. L'epicureismo, portato alla massime conseguenze (ma forse anche un po' sotto delle massime conseguenze), è, a mio parere, pericoloso per una società e chi ne fa parte. Probabilmente qui la tecnologia può davvero contribuire alla felicità.
Anche se, più che di felicità, credo in questo caso si possa parlare di ebbrezza: il "cogli l'attimo", nella sua forma più brutale e diffusa, è a mio parere, una garanzia di intermittente infelicità.
C'è poi la terza via nel vedere il corpo, credo di potere dire si riesca a riassumerla con una formula di San Francesco, che chiama il corpo con l'espressione a mio avviso più intuitivamente esatta: e lo chiama frate asino. Un asino è utile, simpatico, sopporta per noi i pesi che gli imponiamo a volte quanto avremmo pensato non fosse sopportabile, ci vuole bene e noi gli vogliamo bene, chiede di essere nutrito, spazzolato, usato con affetto senza lesinare fatica, non necessita di particolari bardature (che sarebbero ridicole), in alcune occasioni si impunta e non c'è verso di muoverlo; e resta così però un asino. Di una briglia migliore, di uno zoccolo più resistente, una sella più morbida, di una biada più nutriente o di un morso più comodo, l'asino è riconoscente e felice; rimanendo anche in questo caso un asino, il nostro caro asino.
In questo caso, credo sia possibile percorrere la via della felicità.
Che io sappia ci sono tre correnti, poi suddivise in una miriadi di fiumicciattoli e torrentelli, nella relazione dell'uomo nella sua interezza, e il corpo (e il benessere che si può trarre da questo). Perdonerete la banalità e la didatticità della divisione, ma credo che per un occidentale sia così.
C'è lo stoicismo, quindi , dove il corpo è un peso, un involucro, e così ogni riferimento al sensuale. La conseguenza di questo è una tendenza al distacco dalle cose corporali. Per quanto ne so, cioé molto poco, anche le scuole orientali sono portate a questa tendenza. Credo che nelle peggiori delle ipotesi questo possa portare allo gnosticismo, ed ad alcune forme più estreme dell'eremitismo (oppure, nella autoevirazione di Origene); ad ogni modo non mi pare pericoloso. C'è il famoso aneddoto del letto di Seneca nella reggia di Nerone, oppure anche della morte dello stoico: credo che in questo caso la tecnologia non incida sulla felicità.
Anche se, più che di felicità, credo in questo caso si possa parlare di allontanamento dall'infelicità: non c'è possibilità di felicità nel considerare una parte della nostra figura in maniera negativa.
Stoicismo che però, oggi, è scomparso o quasi. Diverso mi pare il caso dell'epicureismo, dove si glorifica il corpo. Il neopaganesimo chirurgico, palestrato, disincantato, omnisensuale, esclusivo, biologico, animista, terrorizzato dalla morte (se Veronesi e Berlusconi si potessere intendere su qualcosa, sarebbe sul desiderio di poter vivere a 120 anni) di oggi, è una forma di epicureismo. L'epicureismo, portato alla massime conseguenze (ma forse anche un po' sotto delle massime conseguenze), è, a mio parere, pericoloso per una società e chi ne fa parte. Probabilmente qui la tecnologia può davvero contribuire alla felicità.
Anche se, più che di felicità, credo in questo caso si possa parlare di ebbrezza: il "cogli l'attimo", nella sua forma più brutale e diffusa, è a mio parere, una garanzia di intermittente infelicità.
C'è poi la terza via nel vedere il corpo, credo di potere dire si riesca a riassumerla con una formula di San Francesco, che chiama il corpo con l'espressione a mio avviso più intuitivamente esatta: e lo chiama frate asino. Un asino è utile, simpatico, sopporta per noi i pesi che gli imponiamo a volte quanto avremmo pensato non fosse sopportabile, ci vuole bene e noi gli vogliamo bene, chiede di essere nutrito, spazzolato, usato con affetto senza lesinare fatica, non necessita di particolari bardature (che sarebbero ridicole), in alcune occasioni si impunta e non c'è verso di muoverlo; e resta così però un asino. Di una briglia migliore, di uno zoccolo più resistente, una sella più morbida, di una biada più nutriente o di un morso più comodo, l'asino è riconoscente e felice; rimanendo anche in questo caso un asino, il nostro caro asino.
In questo caso, credo sia possibile percorrere la via della felicità.
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Re: tecnologia e felicita'
agghiacciante. Nulla di piu' falso. Brrrr, mai sentita una bestialita' filosofica simile prima d'oraGios ha scritto: Il neopaganesimo chirurgico, palestrato, disincantato, omnisensuale, esclusivo, biologico, animista, terrorizzato dalla morte (se Veronesi e Berlusconi si potessere intendere su qualcosa, sarebbe sul desiderio di poter vivere a 120 anni) di oggi, è una forma di epicureismo
Passi l'idea pacchiana del piacere epicureo come legato al corpo (che e' vera com'e'e' vero , che so, dire che san francesco sosteneva l'amore nel senso di fottersi tutte le suore, che so, insomma, gia' aberrante di per se' come falsita' filosofica), ma sostenere addirittura l'epicureismo come terrorizzato dalla morte e' proprio una perla a parte.
Avrei da ridire anche sugli stoici, ma in confronti, taccio.
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Re: tecnologia e felicita'
Per la cronaca Epicuro sosteneva che la felicita' viene aiutata dall'eliminare le necessita' del corpo, di ogni lusso, perfino cibo e letto se necessario, per non essere schiavo di questi piaceri. Le felicita', quindi, eliminando tutte queste necessita', e' accessibile a tutti allo stesso modo (e di certo non dipende dalla tecnologia). Altro lato fondamentale del pensiero di epicuro e' il non avere paura della morte.
Per un epicureo , la tecnologia penso possa avere un 'influenza, oggi, solo negativa riguardo al dolore. Grazie alla tecnologia, ma in presenza di una legislazione sbagliata, oggi l'assunto epicureo per cui un dolore forte dura poco non e' piu' valido, perche' poi tenere in vita a forza con delle macchine un malato terminale che soffre. Pero', insomma, dettagli.
Si parla di uno che predicava il ridurre al minimo le esigenze del corpo e proponeva la felicita' attraverso meditazioni ed esercizi spirituali e ragionamenti filosofici. Tzk.
Per un epicureo , la tecnologia penso possa avere un 'influenza, oggi, solo negativa riguardo al dolore. Grazie alla tecnologia, ma in presenza di una legislazione sbagliata, oggi l'assunto epicureo per cui un dolore forte dura poco non e' piu' valido, perche' poi tenere in vita a forza con delle macchine un malato terminale che soffre. Pero', insomma, dettagli.
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Re: tecnologia e felicita'
un buddista, in pratica.Nickognito ha scritto:Per la cronaca Epicuro sosteneva che la felicita' viene aiutata dall'eliminare le necessita' del corpo, di ogni lusso, perfino cibo e letto se necessario, per non essere schiavo di questi piaceri. Le felicita', quindi, eliminando tutte queste necessita', e' accessibile a tutti allo stesso modo (e di certo non dipende dalla tecnologia). Altro lato fondamentale del pensiero di epicuro e' il non avere paura della morte.
Per un epicureo , la tecnologia penso possa avere un 'influenza, oggi, solo negativa riguardo al dolore. Grazie alla tecnologia, ma in presenza di una legislazione sbagliata, oggi l'assunto epicureo per cui un dolore forte dura poco non e' piu' valido, perche' poi tenere in vita a forza con delle macchine un malato terminale che soffre. Pero', insomma, dettagli.
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Re: tecnologia e felicita'
Se prima dico
e poiGios ha scritto:Perdonerete la banalità e la didatticità della divisione
immagino si sarebbe anche potuto capire (il mormonismo è una forma di cristianesimo. In effetti avrei potuto aggiungere "equivocato", per essere un poco più chiaro).Gios ha scritto:è una forma di epicureismo
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Re: tecnologia e felicita'
no, sarebbe come se avessi detto che l'ateismo o il satanismo sono forme di cristianesimo. E' esattamente l'opposto.
Un qualcosa che e' esattamente l'opposto dell'epicureismo e non ci ha minimamente nulla a che fare non puo' essere una forma di epicureismo, nemmeno espressa in modo banale.
Se no diciamo che Pacciani era, un po' , detto in modo un po' didattico e banale, una specie di San Francesco....
Un qualcosa che e' esattamente l'opposto dell'epicureismo e non ci ha minimamente nulla a che fare non puo' essere una forma di epicureismo, nemmeno espressa in modo banale.
Se no diciamo che Pacciani era, un po' , detto in modo un po' didattico e banale, una specie di San Francesco....
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Re: tecnologia e felicita'
tra l'altro epicuro e' anche un ottimo esempio per quanto dicevo, il vivere con gli altri (di ogni genere) ma senza dipendere da nessuno in particolare
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Re: tecnologia e felicita'
S'è capito che sei seccato, non serve stuzzicarmi con San Francesco
Qualora, come nel caso dell'oggi, in questa forma attuale, si sia persa l'intelaiatura filosofica "positiva" (che poi "positiva" non è) non rimane che quella "negativa" e "bassa", che vede, nell'epicureismo, l'accettazione del bene sensuale (forse meglio "naturale"); e quest'epoca portata all'esasperazione e resa unica.
Per quanto riguarda la paura della morte: non è epicurea (anche se Orazio?) e riguarda la nostra società (la gnosi dei catari è il contrario del cristianesimo, pur rimanendo i catari cristiani).
Qualora, come nel caso dell'oggi, in questa forma attuale, si sia persa l'intelaiatura filosofica "positiva" (che poi "positiva" non è) non rimane che quella "negativa" e "bassa", che vede, nell'epicureismo, l'accettazione del bene sensuale (forse meglio "naturale"); e quest'epoca portata all'esasperazione e resa unica.
Per quanto riguarda la paura della morte: non è epicurea (anche se Orazio?) e riguarda la nostra società (la gnosi dei catari è il contrario del cristianesimo, pur rimanendo i catari cristiani).
Re: tecnologia e felicita'
Tornando IT: si può considerare l'arte come una tecnologia? Etimologicamente in fondo lo è.
Il fatto che un'opera d'arte sia una specie di puntura di novocaina, o una poltrona reclinabile, dico.
Il fatto che un'opera d'arte sia una specie di puntura di novocaina, o una poltrona reclinabile, dico.
Ultima modifica di Gios il mer nov 10, 2010 2:13 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: tecnologia e felicita'
Gios ha scritto: Qualora, come nel caso dell'oggi, in questa forma attuale, si sia persa l'intelaiatura filosofica "positiva" (che poi "positiva" non è) non rimane che quella "negativa" e "bassa", che vede, nell'epicureismo, l'accettazione del bene sensuale .
Insomma, stai dicendo che di una certa dottrina, qualora la gente ancora ci creda ma si sia persa una sua certa struttura (non ci sia piu' una scuola , ecc), se ne puo' parlare in modo falso, se sono stati fatti errori storici su di essa e le sono state associate cose totalmente assurde. Ad esempio, insomma, potremmo dire che oggi i cannibali sono un po' come i comunisti, che mangiavano i bambini.
Con la differenza che se non altro dire che i comunisti mangiavano i bambini e' solo falso, non e' l'opposto del comunismo, almeno.
Pero' davvero, bella difesa. Il proporre al posto di un pensiero filosofico che ha fatto la storia la sua versione falsa e insensata dicendo che e' un modo di proporre la sua intelaiatura filosofica negativa necessita piu' faccia tosta di Bondi che parla oggi del suo boss
sull'arte: no, l'arte no. Ma certo della tecnologia e' necessaria per certe forme d'arte
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Re: tecnologia e felicita'
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Ultima modifica di Gios il mer mag 16, 2012 10:53 am, modificato 1 volta in totale.
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Re: tecnologia e felicita'
questo vuol dire che hanno qualcosa in comune, non che una sia un sottoinsieme dell'altra. Per definizione (sempre che ne esista una accettabile per l'arte) non mi pare sia cosi'
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Re: tecnologia e felicita'
Bondi:Berlusconi=Gios:PlutarcoNickognito ha scritto:Pero' davvero, bella difesa. Il proporre al posto di un pensiero filosofico che ha fatto la storia la sua versione falsa e insensata dicendo che e' un modo di proporre la sua intelaiatura filosofica negativa necessita piu' faccia tosta di Bondi che parla oggi del suo boss
Re: tecnologia e felicita'
Beh, si potrebbe dare una definizione che definisca "tecnologia". Credo che qui si sia intesa come "insieme di tutti quelli strumenti, tecniche, discipline umane atte a semplificare e migliorare delle attività umane": in questo caso no, non credo si possa dire che l'arte è una sfumatura della tecnologia. Se si intende la tecnologia come "trasformazione di robe in altre robe, ma più fighe". Forse anche ficcandoci il termine "utile" dentro nella definizione ci si potrebbe mettere dentro l'arte.
Boh. Io sono tentato.
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Re: tecnologia e felicita'
OppureGios ha scritto:Bondi:Berlusconi=Gios:Plutarco
Gios= PlutarcoxBondi/Berlusconi. Brrrrrrr.....
(Comunque nell'inverno ucraino del '32/'33 i comunisti mangiavano i bambini. )
Re: tecnologia e felicita'
Okefenokee ha scritto:OppureGios ha scritto:Bondi:Berlusconi=Gios:Plutarco
Gios= PlutarcoxBondi/Berlusconi. Brrrrrrr.....
Vista la stima diffusa di Berlusconi, gli si può comodamente dare un valore molto basso, che comunque fa salire quello di Gios alle stelle, Bondi o non Bondi al numeratore che sia.
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Re: tecnologia e felicita'
Gios ha scritto:mi pare che l'arte possa essere un tipo di tecnologia tutta particolare, una forma di sostengno (e anche in alcuni momenti, di utilità pratica, come appunte le tecnologie) per l'uomo.
Dall'oltretomba, riesco a sentire le urla laceranti di Wilde dopo queste tue affermazioni.Gios ha scritto:Forse anche ficcandoci il termine "utile" dentro nella definizione ci si potrebbe mettere dentro l'arte.
(legge MyMag anche lui a quanto pare )
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Re: tecnologia e felicita'
Janie Jones ha scritto:, riesco a sentire le urla laceranti di Wilde
olivia, ovviamente
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Re: tecnologia e felicita'
Oddio è morta?!?Nickognito ha scritto:Janie Jones ha scritto:, riesco a sentire le urla laceranti di Wilde
olivia, ovviamente
Proprio ora che poteva vincere il Diva International....
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Re: tecnologia e felicita'
Puntualizzare,JJ, conosco solo marginalmente (Racconti, Canterville in una sontuosa riduzione disneyana, Dorian Grey, ballata) Wilde (Oscar, intendo. Olivia ancora più marginalmente, e questo è per me davvero un dolore. Sarei più interessato a frequentare la seconda, comunque, non fosse altro che è ancora ben in carne).Janie Jones ha scritto:Gios ha scritto:mi pare che l'arte possa essere un tipo di tecnologia tutta particolare, una forma di sostengno (e anche in alcuni momenti, di utilità pratica, come appunte le tecnologie) per l'uomo.Dall'oltretomba, riesco a sentire le urla laceranti di Wilde dopo queste tue affermazioni.Gios ha scritto:Forse anche ficcandoci il termine "utile" dentro nella definizione ci si potrebbe mettere dentro l'arte.
(legge MyMag anche lui a quanto pare )
Re: tecnologia e felicita'
Beh, se Nick intendeva Wilde Olivia, sicuramente viva per quanto ne sappiamo, allora forse suggeriva che dall'oltretomba si ha una buona acustica, e una connessione internetJanie Jones ha scritto:Oddio è morta?!?Nickognito ha scritto:Janie Jones ha scritto:, riesco a sentire le urla laceranti di Wilde
olivia, ovviamente
Proprio ora che poteva vincere il Diva International....
Re: tecnologia e felicita'
Etimologicamente non mi pare un'assunzione corretta. E' vero dai greci venivano ammesse tra le téchne anche le arti figurative, ma più in generale ci rientravano tutte le tecniche adatte per fare qualcosa. Probabilmente perché erano un po' fissati con la proporzione, la misura, la precisione. Lo standard classico, appunto.Gios ha scritto:Tornando IT: si può considerare l'arte come una tecnologia? Etimologicamente in fondo lo è.
L'esigenza moderna di staccare le arti belle dalle tecniche mi sembra oggi sempre più manifesta (per quanto sia in atto da due secoli e passa). Mi verrebbe da vedere anzi l'arte contemporanea come moto di ribellione e rabbia nei confronti della tecnica e della tecnologia. Seppure essa sia influenzata più di tutto dalla tecnica, non dal punto di vista realizzativo, che è tutto sommato poco significativo, ma da quello personale, sociale, psicologico.
alcol ha scritto: floyd l'ubriaco dall'occhio bigio?
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Re: tecnologia e felicita'
Uno degli aforismi più famosi di Wilde, Oscar, tratto dalla prefazione di Dorian Grey: "Tutta l'arte è perfettamente inutile".Gios ha scritto: Puntualizzare,JJ, conosco solo marginalmente (Racconti, Canterville in una sontuosa riduzione disneyana, Dorian Grey, ballata) Wilde (Oscar, intendo. Olivia ancora più marginalmente, e questo è per me davvero un dolore. Sarei più interessato a frequentare la seconda, comunque, non fosse altro che è ancora ben in carne).
Concetto fondamentale della sua intera poetica. L'arte per l'arte. L'Arte non ha alcun compito o obbligo verso l'uomo o il Mondo, nemmeno verso Dio. Deve solo esprimere sé stessa, non deve avere nessuna utilità e nessuno scopo che non sia quello di mostrarsi in tutta la sua forza e bellezza. Arte come puro piacere, slegata da qualunque messaggio moralistico o educativo.
Per Wilde l'Arte non è utile, è necessaria.
"If you can keep your head when all around you have lost theirs, then you probably haven't understood the seriousness of the situation."
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Re: tecnologia e felicita'
Che la felicità possa prescindere dalla tecnologia è francamente impossibile. Sono molto felice quando ascolto la musica, ma senza tecnologia, come faccio a sentire la musica tramite il pc, il supporto fonografico o gli strumenti più o meno amplificati sul palcoscenico suonati dagli artisti.
Il legame amore-felicità merita invece una trattazione a parte.
Personalmente penso che non si possieda nessuno, né siamo posseduti da qualcuno; ma ci si incontra, si forma una comunione spirituale, materiale. Se questa comunione ha delle fondamenta solide che vanno oltre le circostanze materiali dell'esistenza e si interrompe con la morte di una persona, non si può rimanere felici, a meno di credere in una sopravvivenza ultraterrena e pensare che l'amato o l'amata si trovi in una dimensione di pace, sperando di ricongiungersi in qualche modo con quella persona.
Naturalmente l'amore non è solo quello monogamico etero o omosessuale, ma può essere quello per gli animali, per gli altri esseri umani come tante persone che fanno volontariato dimostrano ogni giorno.
Credo che tutte queste persone si sentano felici per ciò che fanno e che provano quotidianamente dedicandosi all'altro.
Il legame amore-felicità merita invece una trattazione a parte.
Personalmente penso che non si possieda nessuno, né siamo posseduti da qualcuno; ma ci si incontra, si forma una comunione spirituale, materiale. Se questa comunione ha delle fondamenta solide che vanno oltre le circostanze materiali dell'esistenza e si interrompe con la morte di una persona, non si può rimanere felici, a meno di credere in una sopravvivenza ultraterrena e pensare che l'amato o l'amata si trovi in una dimensione di pace, sperando di ricongiungersi in qualche modo con quella persona.
Naturalmente l'amore non è solo quello monogamico etero o omosessuale, ma può essere quello per gli animali, per gli altri esseri umani come tante persone che fanno volontariato dimostrano ogni giorno.
Credo che tutte queste persone si sentano felici per ciò che fanno e che provano quotidianamente dedicandosi all'altro.
Ultima modifica di rob il mer nov 10, 2010 5:06 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: tecnologia e felicita'
Arte è un termine decisamente troppo vasto.Gios ha scritto:Tornando IT: si può considerare l'arte come una tecnologia? Etimologicamente in fondo lo è.
Forse se si parla di cinema, videoarte, fotografia (ma di quest'ultima non sono troppo sicura, la fotografia analogica per me resta ancora la migliore) si può parlare di un ruolo importante della tecnologia nella loro evoluzione.
Janie Jones ha scritto:Concetto fondamentale della sua intera poetica. L'arte per l'arte. L'Arte non ha alcun compito o obbligo verso l'uomo o il Mondo, nemmeno verso Dio. Deve solo esprimere sé stessa, non deve avere nessuna utilità e nessuno scopo che non sia quello di mostrarsi in tutta la sua forza e bellezza. Arte come puro piacere, slegata da qualunque messaggio moralistico o educativo.
Per Wilde l'Arte non è utile, è necessaria.
Re: tecnologia e felicita'
IL CALCIO, PARADISO IN TERRA
di Joseph Ratzinger
Regolarmente ogni quattro anni il campionato mondiale di calcio si dimostra un evento che affascina centinaia di milioni di persone. Nessun altro avvenimento sulla terra può avere un effetto altrettanto vasto, il che dimostra che questa manifestazione sportiva tocca un qualche elemento primordiale dell’umanità e viene da chiedersi su cosa si fondi tutto questo potere di un gioco. Il pessimista dirà che è come nell’antica Roma.
La parola d’ordine della massa era: panem et circenses, pane e circo. Il pane e il gioco sarebbero dunque i contenuti vitali di una società decadente che non ha altri obiettivi più elevati.
Ma se anche si accettasse questa spiegazione, essa non sarebbe assolutamente sufficiente.
Ci si dovrebbe chiedere ancora: in cosa risiede il fascino di un gioco che assume la stessa importanza del pane?
Si potrebbe rispondere, facendo ancora riferimento alla Roma antica, che la richiesta di pane e gioco era in realtà l’espressione del desiderio di una vita paradisiaca, di una vita di sazietà senza affanni e di una libertà appagata. Perché è questo che s’intende in ultima analisi con il gioco: un’azione completamente libera, senza scopo e senza costrizione, che al tempo stesso impegna e occupa tutte le forze dell’uomo. In questo senso il gioco sarebbe una sorta di tentato ritorno al paradiso: l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita quotidiana e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la libera serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello.
Così il gioco va oltre la vita quotidiana. Ma, soprattutto nel bambino, ha anche il carattere di esercitazione alla vita. Simboleggia la vita stessa e la anticipa, per così dire, in una maniera liberamente strutturata. A me sembra che il fascino del calcio stia essenzialmente nel fatto che esso collega questi due aspetti in una forma molto convincente.
Costringe l’uomo a imporsi una disciplina in modo da ottenere con l’allenamento, la padronanza di sé; con la padronanza, la superiorità e con la superiorità, la libertà. Inoltre gli insegna soprattutto un disciplinato affiatamento: in quanto gioco di squadra costringe all’inserimento del singolo nella squadra. Unisce i giocatori con un obiettivo comune; il successo e l’insuccesso di ogni singolo stanno nel successo e nell’insuccesso del tutto.
Inoltre, insegna una leale rivalità, dove la regola comune, cui ci si assoggetta, rimane l’elemento che lega e unisce nell’opposizione. Infine, la libertà del gioco, se questo si svolge correttamente, annulla la serietà della rivalità. Assistendovi, gli uomini si identificano con il gioco e con i giocatori, e partecipano quindi personalmente all’affiatamento e alla rivalità, alla serietà e alla libertà: i giocatori diventano un simbolo della propria vita; il che si ripercuote a sua volta su di loro: essi sanno che gli uomini rappresentano in loro se stessi e si sentono confermati. Naturalmente tutto ciò può essere inquinato da uno spirito affaristico che assoggetta tutto alla cupa serietà del denaro, trasforma il gioco da gioco a industria, e crea un mondo fittizio di dimensioni spaventose.
Ma neppure questo mondo fittizio potrebbe esistere senza l’aspetto positivo che è alla base del gioco: l’esercitazione alla vita e il superamento della vita in direzione del paradiso perduto. In entrambi i casi si tratta però di cercare una disciplina della libertà; di esercitare con se stessi l’affiatamento, la rivalità e l’intesa nell’obbedienza alla regola.
Forse, riflettendo su queste cose, potremmo nuovamente imparare dal gioco a vivere, perché in esso è evi dente qualcosa di fondamentale: l’uomo non vive di solo pane, il mondo del pane è solo il preludio della vera umanità, del mondo della libertà. La libertà si nutre però della regola, della disciplina, che insegna l’affiatamento e la rivalità leale, l’indipendenza del successo esteriore e dell’arbitrio, e diviene appunto, così, veramente libera. Il gioco, una vita. Se andiamo in profondità, il fenomeno di un mondo appassionato di calcio può darci di più che un po’ di divertimento.
di Joseph Ratzinger
Regolarmente ogni quattro anni il campionato mondiale di calcio si dimostra un evento che affascina centinaia di milioni di persone. Nessun altro avvenimento sulla terra può avere un effetto altrettanto vasto, il che dimostra che questa manifestazione sportiva tocca un qualche elemento primordiale dell’umanità e viene da chiedersi su cosa si fondi tutto questo potere di un gioco. Il pessimista dirà che è come nell’antica Roma.
La parola d’ordine della massa era: panem et circenses, pane e circo. Il pane e il gioco sarebbero dunque i contenuti vitali di una società decadente che non ha altri obiettivi più elevati.
Ma se anche si accettasse questa spiegazione, essa non sarebbe assolutamente sufficiente.
Ci si dovrebbe chiedere ancora: in cosa risiede il fascino di un gioco che assume la stessa importanza del pane?
Si potrebbe rispondere, facendo ancora riferimento alla Roma antica, che la richiesta di pane e gioco era in realtà l’espressione del desiderio di una vita paradisiaca, di una vita di sazietà senza affanni e di una libertà appagata. Perché è questo che s’intende in ultima analisi con il gioco: un’azione completamente libera, senza scopo e senza costrizione, che al tempo stesso impegna e occupa tutte le forze dell’uomo. In questo senso il gioco sarebbe una sorta di tentato ritorno al paradiso: l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita quotidiana e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la libera serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello.
Così il gioco va oltre la vita quotidiana. Ma, soprattutto nel bambino, ha anche il carattere di esercitazione alla vita. Simboleggia la vita stessa e la anticipa, per così dire, in una maniera liberamente strutturata. A me sembra che il fascino del calcio stia essenzialmente nel fatto che esso collega questi due aspetti in una forma molto convincente.
Costringe l’uomo a imporsi una disciplina in modo da ottenere con l’allenamento, la padronanza di sé; con la padronanza, la superiorità e con la superiorità, la libertà. Inoltre gli insegna soprattutto un disciplinato affiatamento: in quanto gioco di squadra costringe all’inserimento del singolo nella squadra. Unisce i giocatori con un obiettivo comune; il successo e l’insuccesso di ogni singolo stanno nel successo e nell’insuccesso del tutto.
Inoltre, insegna una leale rivalità, dove la regola comune, cui ci si assoggetta, rimane l’elemento che lega e unisce nell’opposizione. Infine, la libertà del gioco, se questo si svolge correttamente, annulla la serietà della rivalità. Assistendovi, gli uomini si identificano con il gioco e con i giocatori, e partecipano quindi personalmente all’affiatamento e alla rivalità, alla serietà e alla libertà: i giocatori diventano un simbolo della propria vita; il che si ripercuote a sua volta su di loro: essi sanno che gli uomini rappresentano in loro se stessi e si sentono confermati. Naturalmente tutto ciò può essere inquinato da uno spirito affaristico che assoggetta tutto alla cupa serietà del denaro, trasforma il gioco da gioco a industria, e crea un mondo fittizio di dimensioni spaventose.
Ma neppure questo mondo fittizio potrebbe esistere senza l’aspetto positivo che è alla base del gioco: l’esercitazione alla vita e il superamento della vita in direzione del paradiso perduto. In entrambi i casi si tratta però di cercare una disciplina della libertà; di esercitare con se stessi l’affiatamento, la rivalità e l’intesa nell’obbedienza alla regola.
Forse, riflettendo su queste cose, potremmo nuovamente imparare dal gioco a vivere, perché in esso è evi dente qualcosa di fondamentale: l’uomo non vive di solo pane, il mondo del pane è solo il preludio della vera umanità, del mondo della libertà. La libertà si nutre però della regola, della disciplina, che insegna l’affiatamento e la rivalità leale, l’indipendenza del successo esteriore e dell’arbitrio, e diviene appunto, così, veramente libera. Il gioco, una vita. Se andiamo in profondità, il fenomeno di un mondo appassionato di calcio può darci di più che un po’ di divertimento.
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Re: tecnologia e felicita'
bellissima riflessione sul gioco, potrebbe servire per aprire un topic su di esso. dovrebbero invitare ratzinger a parlarne a rai tre (scusate )
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: tecnologia e felicita'
è che Gios salta sempre le prefazioni.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: tecnologia e felicita'
"Those who find beautiful meanings in beautiful things are the cultivated. For these there is hope. They are the elect to whom beautiful things mean only beauty."
ehehehhe
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Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: tecnologia e felicita'
l'hai letto questo, Nick? http://books.google.it/books?id=ddkShk6 ... &q&f=false
Siamo tutti persuasi di abitare l'età della tecnica di cui godiamo i benefici in termini di beni e spazi di libertà. Siamo più liberi degli uomini primitivi perché abbiamo più campi di gioco in cui inserirci. Ogni rimpianto, ogni disaffezione dal nostro tempo ha del patetico. Ma nell'assuefazione con cui utilizziamo strumenti e servizi che accorciano lo spazio, velocizzano il tempo, leniscono il dolore, vanificano le norme su cui sono state scalpellate tutte le morali, rischiamo di non chiederci se il nostro modo di essere uomini non è troppo antico per abitare l'età della tecnica che non noi, ma l'astrazione della nostra mente ha creato, obbligandoci, con un'obbligazione più forte di quella sancita da tutte le morali che nella storia sono state scritte, a entrare e a prendervi parte.
In questo inserimento rapido e ineluttabile portiamo ancora in noi i tratti dell'uomo pre-tecnologico che, nel mondo della vita, agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee proprie e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. L'età della tecnica ha ridotto drasticamente lo spazio al mondo della vita, e le domande di senso che sorgono restano inevase, non perché la tecnica non è ancora abbastanza perfezionata, ma perché non rientra nel suo programma trovar risposte a simili domande.
La tecnica infatti non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità, la tecnica funziona, e siccome il suo funzionamento diventa planetario, in questo corso ci si propone di rivedere i concetti di individuo, anima, corpo, ragione, follia, amore, di cui si nutre il mondo della vita, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, com’erano stati pensati nell'età pre-tecnologica e che ora, nell'età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi, o rifondati dalle radici.
Siamo tutti persuasi di abitare l'età della tecnica di cui godiamo i benefici in termini di beni e spazi di libertà. Siamo più liberi degli uomini primitivi perché abbiamo più campi di gioco in cui inserirci. Ogni rimpianto, ogni disaffezione dal nostro tempo ha del patetico. Ma nell'assuefazione con cui utilizziamo strumenti e servizi che accorciano lo spazio, velocizzano il tempo, leniscono il dolore, vanificano le norme su cui sono state scalpellate tutte le morali, rischiamo di non chiederci se il nostro modo di essere uomini non è troppo antico per abitare l'età della tecnica che non noi, ma l'astrazione della nostra mente ha creato, obbligandoci, con un'obbligazione più forte di quella sancita da tutte le morali che nella storia sono state scritte, a entrare e a prendervi parte.
In questo inserimento rapido e ineluttabile portiamo ancora in noi i tratti dell'uomo pre-tecnologico che, nel mondo della vita, agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee proprie e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. L'età della tecnica ha ridotto drasticamente lo spazio al mondo della vita, e le domande di senso che sorgono restano inevase, non perché la tecnica non è ancora abbastanza perfezionata, ma perché non rientra nel suo programma trovar risposte a simili domande.
La tecnica infatti non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità, la tecnica funziona, e siccome il suo funzionamento diventa planetario, in questo corso ci si propone di rivedere i concetti di individuo, anima, corpo, ragione, follia, amore, di cui si nutre il mondo della vita, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, com’erano stati pensati nell'età pre-tecnologica e che ora, nell'età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi, o rifondati dalle radici.
Ultima modifica di Rosewall il mer nov 10, 2010 5:36 pm, modificato 1 volta in totale.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: tecnologia e felicita'
no, vale la pena?
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: tecnologia e felicita'
bello, ma di non rapida lettura.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento