Diamo i numeri

Dibattito sulla vita sociale, sui problemi politici e sui microchip nei vaccini
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paoolino
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Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

Ogni giorno i media ci riempiono di numeri, indici, indicatori, sondaggi, statistiche attraverso i quali vorrebbero spiegare, se non predire, quasi tutto: lo stato dell’economia e della società; fattori di rischio legati a questa o quella causa; risultati sportivi o politici e chi più ne ha più ne metta. Ma quei freddi numeri così seri e apparentemente inattaccabili, sono “onesti” ? La mia risposta è: “per lo più no!”. Mi capita spessissimo di constatare che queste cifre sono sparate un po’ così, tanto per fare. Vuoi per ignoranza, vuoi per malafede, vuoi per superficialità, a volte non si citano le fonti, a volte non si sa nulla delle elaborazioni, a volte si usano indicatori non adatti per spiegare un determinato fenomeno, a volte si fanno confronti tra “mele e pere”, a volte si chiamano sondaggi quelli che sondaggi non sono, a volte ci si focalizza solo su una statistica quando la complessità di un fenomeno richiederebbe uno sguardo più ampio.

Poiché sulla base di questi numeri, spesso, molti di noi si formano le opinioni in merito ai più disparati argomenti, e poiché sulla base di questi numeri qualche volta qualcuno di noi prende anche decisioni più o meno importanti per la propria vita ritengo necessario che la lettura di questi numeri non sia superficiale (e talvolta un po’ auto-ingannata da fattori emotivi o da simpatie/antipatie del lettore stesso).
Questo topic si propone di dare una lettura critica e più approfondita delle statistiche che ogni giorno incontriamo e, se possibile, confermarle, confutarle, o completarle. Poi, chissà, anche diventare uno strumento educativo per quei lettori che prendono per buona qualsiasi cifra che leggono su un giornale.

Così, per cominciare, posto il link ad un articolo che ho letto sul sito della BBC a firma di un professore di Analisi del Rischio all’Università di Cambridge, il quale fa delle considerazioni interessanti sull’impatto mediatico-emotivo e l’impatto numerico del pericolo nucleare in Giappone.

http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-pacific-12785274
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da klaus »

molto interessante
Il primo a postare un messaggio alla Rinascita di questo forum
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paoolino
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

Sull'argomento del topic avevo, tempo fa, segnalato un libro: Mentire con la statistica (Durrel Huff)

qui il sito italiano dedicato al libro http://gandalf.it/htlws/

Sul sito potete trovare i pdf delle aggiunte dei curatori dell'edizione italiana http://gandalf.it/htlws/aggiunte.htm

Altro libro utile è Giocati dal Caso (Nassim Taleb - ed. Il Saggiatore). Saggio un po' più filosofico sulle capacità umane nel distinguere ciò che è causale da ciò che è casuale.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Nickognito »

a Nickognito piace questo elemento
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da BackhandWinner »

paoolino ha scritto: Altro libro utile è Giocati dal Caso (Nassim Taleb - ed. Il Saggiatore). Saggio un po' più filosofico sulle capacità umane nel distinguere ciò che è causale da ciò che è casuale.
Della cui versione originale (Fooled by randomness) ho letto un paio di stroncature abbastanza feroci (non ricordo dove, forse Economist e giudizi du Amazon, ma di quelli pallùti :)).
Forse un po' ingiuste, non so, mi aveva incuriosito.

Clap clap a Paolì per il Topic.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Janie Jones »

Mi unisco ai complimenti a paoolino per questo topic. :)
BackhandWinner ha scritto:
paoolino ha scritto: Altro libro utile è Giocati dal Caso (Nassim Taleb - ed. Il Saggiatore). Saggio un po' più filosofico sulle capacità umane nel distinguere ciò che è causale da ciò che è casuale.
Della cui versione originale (Fooled by randomness) ho letto un paio di stroncature abbastanza feroci (non ricordo dove, forse Economist e giudizi du Amazon, ma di quelli pallùti :)).
Forse un po' ingiuste, non so, mi aveva incuriosito.
Dello stesso autore ho letto Il cigno nero, che per un'ignorante totale come me si è rivelato illuminante su molte cose, oltre che molto ben scritto.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

Janie Jones ha scritto:Dello stesso autore ho letto Il cigno nero, che per un'ignorante totale come me si è rivelato illuminante su molte cose, oltre che molto ben scritto.
Libro che è da un paio d'anni sul mio comodino ma che non sono mai riuscito a finire; "Giocati dal Caso" (precedente al "Cigno Nero") è sintetico e di veloce lettura e già contiene tutti i punti principali esposti anche ne "Il Cigno nero" che, in effetti, mi sembra un po' una versione lenta e lunga del primo libro.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Janie Jones »

paoolino ha scritto: "Giocati dal Caso" (precedente al "Cigno Nero") è sintetico e di veloce lettura e già contiene tutti i punti principali esposti anche ne "Il Cigno nero" che, in effetti, mi sembra un po' una versione lenta e lunga del primo libro.
Ah.

Ovviamente, tra due versioni, io scelgo sempre la più difficile. #1# :D
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Okefenokee »

paoolino ha scritto:Altro libro utile è Giocati dal Caso (Nassim Taleb - ed. Il Saggiatore). Saggio un po' più filosofico sulle capacità umane nel distinguere ciò che è causale da ciò che è casuale.
Anche a me non è dispiaciuto.
Un altro libro, letto molti anni fa, piacevolmente divulgativo sull'argomento, è questo:
Immagine

'Gli snumerati' in italiano.
(Titolo orribile, lo so, ma noi ignorantoni dell'inglese non possiamo prescindere dalle traduzioni.)
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da BackhandWinner »

Okefenokee ha scritto:
paoolino ha scritto:Altro libro utile è Giocati dal Caso (Nassim Taleb - ed. Il Saggiatore). Saggio un po' più filosofico sulle capacità umane nel distinguere ciò che è causale da ciò che è casuale.
Anche a me non è dispiaciuto.
Un altro libro, letto molti anni fa, piacevolmente divulgativo sull'argomento, è questo:
Immagine

'Gli snumerati' in italiano.
(Titolo orribile, lo so, ma noi ignorantoni dell'inglese non possiamo prescindere dalle traduzioni.)
Paulos, un grande. Io ho letto A Mathematician Plays the Stock Market, consiglio. :)

Questa la versione italica:

Immagine
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Re: Diamo i numeri

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Correlazioni spurie (link che piacerà a BHW)

http://www.tylervigen.com/
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

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Re: Diamo i numeri

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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

http://www.wired.it/scienza/lab/2016/03 ... aign=wired

La scienza ha un problema con la statistica
Domande e risposte sul p-value, uno strumento statistico il cui abuso sta mettendo in crisi la scienza

Mark Twain scrisse che ci sono tre tipi di bugie: “le bugie, le dannate bugie, e la statistica.” Una notizia falsa ci sembra infatti immediatamente più credibile – e ingannevole – con dei numeri appiccicati sopra. Ma la statistica può fare di peggio, se usata male: può ingannare noi stessi. È questo il problema che ha portato la American Statistical Association (Asa), per la prima volta in 177 anni, ad alzare la voce e lanciare un comunicato ufficiale. Un grido d’allarme dagli statistici per la scienza: “ragazzi, state sbagliando tutto, e la scienza è in pericolo se continuate così“.

Sotto accusa è l’abuso di uno strumento statistico oscuro ai più, ma pane quotidiano dei ricercatori, il p-value, “fattore p”. Noiosissima diatriba tecnica? Aspettate un minuto. Stiamo parlando del principale parametro usato nella scienza per affermare che un risultato scientifico sia “vero” o “falso”. Avete presente tutti gli studi che dicono “X causa il cancro” o “X cura il cancro”? Praticamente tutti loro avranno validato le loro conclusioni con un p-value. E, ci dice la Asa, molti di loro saranno giunti a conclusioni sbagliate. Volete un esempio? Abusando consapevolmente dei p-value è stato possibile dimostrare che la cioccolata fa dimagrire. Un caso limite, una bufala generata apposta, ma allo scopo di far riflettere su molti errori che i ricercatori fanno in più o meno buona fede. La scienza sta facendo i conti con un grosso problema di ripetibilità e l’abuso del p-value è uno dei principali colpevoli.

Che cos’è il p-value?
Immaginiamo di voler sapere se le banane fanno dimagrire. Prendo un gruppo di persone: a metà faccio mangiare banane tutti i giorni, a metà no. Dopo una settimana conto quante persone sono dimagrite in ciascuno dei due gruppi. Se nel gruppo delle banane dimagriscono di più rispetto al gruppo senza banane, possiamo concludere che le banane fanno dimagrire.

O no? In realtà non posso dirlo, perchè in moltissimi casi (e i test clinici come quello del nostro esempio sono tra questi) i risultati sono intrinsecamente statistici. Ovvero, c’è una grossa componente casuale, dovuta a fattori che non posso controllare. Magari per puro caso nel gruppo delle banane hanno deciso di fare esercizio fisico. Come faccio a sapere se è solo una coincidenza?

Qui arriva Ronald Fischer, uno dei giganti della scienza del primo ‘900, biologo e statistico. Nel suo influente manuale di metodi statistici del 1925, introduce ufficialmente il p-value ai ricercatori. Ovvero, come calcolare un numero che, data una ipotesi di partenza e i nostri dati, ci dice quanto è probabile ottenere una differenza tra due gruppi pari o superiore a quella osservata. Per esempio, nel caso delle banane che fanno dimagrire, la nostra ipotesi di partenza è che non ci sia alcun effetto. Il p-value – semplificando – ci dice quanto è probabile che, se non ci fosse nessun effetto, per puro caso troviamo una differenza tra i due gruppi pari o maggiore a quella che osserviamo. Se il p-value è molto piccolo, si dice in gergo che l’effetto è significativo. Fischer consigliava come soglia 0,05, ovvero considerare significative le differenze sotto il 5% di probabilità.

Perché il p-value ci inganna?
Quando Fischer ha introdotto il p-value, non intendeva dare alla ricerca scientifica un oracolo per decidere la Verità. Voleva proporre uno strumento pratico di lavoro: un test a spanne per dire “ehi, questo esperimento è interessante, vediamo se c’è sotto qualcosa”. La comunità scientifica però ha perso di vista le sottigliezze matematiche del p-value – e non stupisce, del resto la stragrande maggioranza delle analisi statistiche non è effettuata da statistici. Siamo arrivati a un punto in cui gli studi scientifici hanno una sorta di venerazione per la soglia (del tutto arbitraria) dello 0,05: uno studio in cui l’effetto osservato si trovi sotto questo valore sarà considerato reale, uno sopra no.

Ma è veramente così? Poniamo che io abbia trovato una differenza tra chi mangia banane e chi no, e che il p-value sia piccolo, diciamo 5%. Messa così, è facilissimo interpretare (a torto) questo numero come “Esiste solo il 5% di probabilità che sia un caso, quindi siamo sicuri al 95% che le banane fanno dimagrire”. Qui casca l’asino – e l’asino, in questo caso, è una gran parte della comunità scientifica. Per esempio, finora abbiamo dato per scontato che abbiamo testato solo le banane. Ma poniamo io abbia testato cento frutti diversi per il loro effetto dimagrante. Statisticamente, anche se nessuno di questi fa veramente qualcosa, osserverò un effetto con p-value uguale o sotto 5% in circa cinque casi. Questo proprio per definizione di p-value: se una differenza tra due gruppi significativa, capita per caso cinque volte su cento, mi aspetto di ritrovarlo circa in cinque casi su cento. È come giocare alla roulette lo stesso numero per cento volte: non è certo sorprendente se salta fuori.

A questo punto è chiaro che i singoli p-value di questa batteria di esperimenti non mi dicono assolutamente niente su quanto sia probabile che ci sia una differenza reale. Dovrò semmai prendere quei risultati come preliminari e ripetere gli esperimenti, vedendo se l’effetto rimane: e solo dopo, mettendo insieme tutti i dati, arrivare a una conclusione. Purtroppo i ricercatori spesso nascondono i risultati negativi (ovvero, gli esperimenti senza un effetto significativo), perché non sono considerati interessanti, e pubblicano i risultati positivi (quelli con un effetto significativo). Accade quasi sempre in buona fede. Ma senza sapere il contesto, ovvero quanti esperimenti sono stati fatti, quante ipotesi sono state testate e messe nel cassetto, il p-value di un singolo esperimento non ci dice nulla.

Inoltre, il p-value va valutato considerando quanto è plausibile l’ipotesi di partenza. Per assurdo: se faccio un esperimento per verificare se guardare foto di Magalli protegge dal cancro, e trovo un risultato statisticamente significativo, è comunque più probabile che ci sia un errore banale dietro (ho scelto il mio campione in modo non omogeneo, ho fatto male la raccolta dei dati, oppure i miei colleghi mi stanno facendo uno scherzo), piuttosto che Magalli abbia veramente dei poteri guaritori (con tutto il rispetto). Come si dice, “affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie”, e un p-value non basta.

È possibile truccare il p-value?
Sì, e si chiama p-hacking. Non c’è bisogno di falsificare dati, basta, diciamo, farsi furbi. Un esempio dei tanti trucchi? Immaginiamo di voler dimostrare che una moneta è truccata. La lancio e conto quante volte viene testa e quante volte viene croce. Dopo ogni lancio, calcolo il p-value. Quando vedo che il mio P-value scende sotto la soglia, fermo l’esperimento.

La disonestà sta nel fatto che il p-value oscilla naturalmente man mano che faccio un esperimento: anche una moneta normale farà uscire, per puro caso, testa per qualche volta di fila. Se fermo l’esperimento apposta subito dopo che per caso è uscita una fila di teste, ho selezionato i dati per far venire il risultato che piaceva a me. Anche qui quindi il p-value da solo non vuol dire nulla, anzi, è ingannevole. Per applicarlo correttamente uno deve prima decidere quanti dati prende e cosa misurare: poi, a cose fatte, calcolare il p-value.

Com’è la situazione allora?
Tragica. Specialmente in discipline come la medicina, la biologia o la psicologia, dove spesso si devono ricavare effetti deboli da esperimenti inevitabilmente rumorosi e dove è difficile raccogliere molti dati. E dove, forse, la consapevolezza sul problema è minore. Un esempio? Una indagine del 2012 su duemila psicologi ha svelato che metà ha riportato solo gli esperimenti funzionanti (togliendo quindi il contesto che da validità alla statistica) e il 58% ha guardato i dati e calcolato il p-value prima di decidere se fare o meno ulteriori esperimenti (P-hacking). Di più, non solo hanno ammesso candidamente queste pratiche, ma molti le hanno difese, ritenendole corrette. Non a caso la psicologia fa fatica a riprodurre i suoi risultati.

In generale, è difficile dedurre quale sia il vero senso del p-value in termini di “quanto è probabile il mio risultato sia vero”: dipende molto dal tipo di studio, dal numero di dati, da quanto è plausibile a priori l’ipotesi di partenza. Alcuni statistici hanno calcolato che, in media, uno studio con p-value di 0,05 potrà essere replicato si e no il 50% delle volte – ben lontano dalla quasi certezza che molti ricercatori gli attribuiscono. In generale si calcola che dal 17 al 25% degli studi scientifici potrebbero essere falsi, puramente per motivi statistici: secondo alcuni, addirittura più del 50%. La validità di milioni di studi scientifici individuali è quindi basata su fondamenta d’argilla.

Il vero problema comunque non è il p-value di per sé, che usato correttamente è uno strumento statistico rispettabile. È il fatto che viene usato da persone che, nonostante una esperienza scientifica di alto livello, non hanno necessariamente il training adeguato in statistica per fare analisi dati in modo corretto. Come fa notare il biostatistico Jeff Leek sul blog Simply Statistics, sostituire il p-value con altri strumenti non cambia nulla, se non si educa la comunità scientifica. Il grido d’allarme della American Statistical Association andrà raccolto non solo dai ricercatori, ma anche e soprattutto dalle università e dalle scuole.

Vuol dire che non possiamo più credere alla scienza?
No. È importante distinguere la credibilità del singolo studio da quella di una disciplina. Certo, l’uso errato dei metodi statistici genera un sacco di rumore, e diventa difficile, a volte anche per un esperto, separare uno studio fatto bene da uno problematico. Ma la verità nella scienza non si raggiunge mai con un singolo studio. Si raggiunge replicando gli esperimenti, molte volte, controllando e testando finché non si arriva a una conclusione solida. A questo punto i nodi vengono al pettine. Uno studio per esempio ha dimostrato che sì, il p-hacking è ovunque, ma alla fine non altera molto i risultati delle meta-analisi (analisi fatte su studi multipli pubblicati in letteratura).

Tanto rumore per nulla allora? Non proprio. Usare male la statistica significa sprecare tempo e denaro in studi fatti male che confondono le idee; significa comunicare al pubblico risultati che non sono tali; significa prendere decisioni importanti – dall’avanzamento di carriera dei ricercatori alla nostra salute – basandosi su certezze che a volte non esistono. Molte pseudoscienze spesso galleggiano rivendendo studi significativi che, nell’intero contesto, non lo sono per nulla.

L’abuso della statistica è una malattia che non ha ancora ucciso la scienza. Ma va guarita in fretta, prima che la ricerca perda credibilità.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Nickognito »

si, ok, ma dove sta la novita'? :)
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klaus
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da klaus »

Nickognito ha scritto:si, ok, ma dove sta la novita'? :)
Articolo eccelente ovviamente x chi di statistica sa poco. Ho dato un solo esame all'universitá (mostruoso) e di questo p value non ho mai sentito parlare. Veramente interessante (forse per questo non lo studiavamo :cry: )
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da maxredo »

Nickognito ha scritto:si, ok, ma dove sta la novita'? :)
Chissà se negli studi sul sodio hanno abusato del p-value ! :D #10#
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Nickognito »

Piu' che altro per chi sa poco di filosofia della scienza o della statistica. Non esiste solo il p-value, in generale le affermazioni scientifiche sono probabilistiche e il metodo induttivo e' sostanzialmente, dopo millenni, ancora senza un serio fondamento (per non dire che sappiamo che un fondamento non puo' esserci). Ma, anche senza aver studiato nulla, e' abbastanza chiaro che il metodo scientifico puo' anche essere ottimamente sviluppato per poter distinguere una teoria seria da una cazzata, ma esiste sempre un confine non semplice da stabilire e che vale piu' come linea guida che come fondamento assoluto teorico. E chiaramente esistono ed esisteranno sempre singoli scienziati o singole discipline che sono meno rigorosi e piu' accomodanti con le loro speranze.
Il problema e' che, almeno per i nati nel ventesimo secolo, si e' cresciuti con l' idea della fisica come disciplina scientifica esemplare, se si pensasse alla medicina in pochi avrebbero questa concezione inadeguita e mitica della scienza infallibile, visto che addirittura si mettono in dubbio cose come l' efficacia dei vaccini in generale, figurati la diagnosi del medico x nel particolare caso y della persona z.

Se poi si parla di psicologia si va ben oltre, la mancanza di scientificita' puo' essere piu' la regola che l' eccezione, e si entra poi nel problema anche di definire bene cosa si intenda per scienza. Ma personalmente rimango convinto che entro 100-150 anni esisteranno solo neurologi da una parte e ciarlatani dall'altra, oggi non e' cosi' (fortunatamente per i molti bravi psicologi e psichiatri) perche' la neurologia non e' abbastanza sviluppata e ci si adatta come si puo'.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da BackhandWinner »

paoolino ha scritto:Correlazioni spurie (link che piacerà a BHW)

http://www.tylervigen.com/
(con soli due anni e mezzo di ritardo... :roll: )
Sì, lo conosco, sito meraviglioso! :D

Tutto il discorso pubblico italiano è un trionfo della correlazione spuria, è una cosa raggelante (la Regina indiscussa ovviamente è: 'da quando c'è l'euro etc.', il marchio indelebile e infallibile di ritardo mentale).

Ah, l'argomento mi fa tornare in mente chiaky, un funambolo della correlazione spuria: che fine ha fatto?
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Pindaro »

BackhandWinner ha scritto: (la Regina indiscussa ovviamente è: 'da quando c'è l'euro etc.', il marchio indelebile e infallibile di ritardo mentale).
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da balbysauro »

PINDARO ha scritto:
BackhandWinner ha scritto: (la Regina indiscussa ovviamente è: 'da quando c'è l'euro etc.', il marchio indelebile e infallibile di ritardo mentale).

pindaro e bhw concordi #177#
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Pindaro »

In questi lidi siamo spesso concordi.
Quando non c'è di mezzo Federer e i suoi orrendi gusti musicali.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da ferryboat »

balbysauro ha scritto:
PINDARO ha scritto:
BackhandWinner ha scritto: (la Regina indiscussa ovviamente è: 'da quando c'è l'euro etc.', il marchio indelebile e infallibile di ritardo mentale).

pindaro e bhw concordi #177#
Quando si tratta di insultare, mi pare che questi due siano sempre d'accordo
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da NK7 »

Secondo me Pindaro e Backhand sono la stessa persona. Siamo in Pindarocrazia, e una vergonia!1!!1
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da ferryboat »

NK7 ha scritto:Secondo me Pindaro e Backhand sono la stessa persona. Siamo in Pindarocrazia, e una vergonia!1!!1
No, solo tu e .. tu siete la stessa persona. "Solo gli idioti e gli imbecilli..." (cit. Pindaro\NK7) possono essere così gnugni da avere sempre le stesse ossessioni, usare lo stesso linguaggio e avere sempre gli stessi obiettivi per invettive e insulti :lol:
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da NK7 »

In mezz'ora che l'ho tolto dall'ignore ha già sforato il limite mensile delle cazzate. Ignore di nuovo :D
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da NNick87 »

NK7 ha scritto:In mezz'ora che l'ho tolto dall'ignore ha già sforato il limite mensile delle cazzate. Ignore di nuovo :D
La colpa è tua che lo hai tolto dall'ignore. :D
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da NK7 »

NNick87 ha scritto:
NK7 ha scritto:In mezz'ora che l'ho tolto dall'ignore ha già sforato il limite mensile delle cazzate. Ignore di nuovo :D
La colpa è tua che lo hai tolto dall'ignore. :D
Davo i numeri.
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orson.poeta
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da orson.poeta »

NK7 ha scritto:
NNick87 ha scritto:
NK7 ha scritto:In mezz'ora che l'ho tolto dall'ignore ha già sforato il limite mensile delle cazzate. Ignore di nuovo :D
La colpa è tua che lo hai tolto dall'ignore. :D
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

How statistics lost their power – and why we should fear what comes next

The ability of statistics to accurately represent the world is declining. In its wake, a new age of big data controlled by private companies is taking over – and putting democracy in peril

https://www.theguardian.com/politics/20 ... -democracy
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Nickognito »

si, ma eliminando la democrazia si risolverebbe il problema
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da uglygeek »

In many ways, the contemporary populist attack on “experts” is born out of the same resentment as the attack on elected representatives. In talking of society as a whole, in seeking to govern the economy as a whole, both politicians and technocrats are believed to have “lost touch” with how it feels to be a single citizen in particular. Both statisticians and politicians have fallen into the trap of “seeing like a state”, to use a phrase from the anarchist political thinker James C Scott. Speaking scientifically about the nation – for instance in terms of macroeconomics – is an insult to those who would prefer to rely on memory and narrative for their sense of nationhood, and are sick of being told that their “imagined community” does not exist.

When macroeconomics is used to make a political argument, this implies that the losses in one part of the country are offset by gains somewhere else. Headline-grabbing national indicators, such as GDP and inflation, conceal all sorts of localised gains and losses that are less commonly discussed by national politicians. Immigration may be good for the economy overall, but this does not mean that there are no local costs at all. So when politicians use national indicators to make their case, they implicitly assume some spirit of patriotic mutual sacrifice on the part of voters: you might be the loser on this occasion, but next time you might be the beneficiary. But what if the tables are never turned? What if the same city or region wins over and over again, while others always lose? On what principle of give and take is that justified?

In Europe, the currency union has exacerbated this problem. The indicators that matter to the European Central Bank (ECB), for example, are those representing half a billion people. The ECB is concerned with the inflation or unemployment rate across the eurozone as if it were a single homogeneous territory, at the same time as the economic fate of European citizens is splintering in different directions, depending on which region, city or neighbourhood they happen to live in. Official knowledge becomes ever more abstracted from lived experience, until that knowledge simply ceases to be relevant or credible.


[...]

Here’s a problem, though. What if many of the defining questions of our age are not answerable in terms of the extent of people encompassed, but the intensity with which people are affected? Unemployment is one example. The fact that Britain got through the Great Recession of 2008-13 without unemployment rising substantially is generally viewed as a positive achievement. But the focus on “unemployment” masked the rise of underemployment, that is, people not getting a sufficient amount of work or being employed at a level below that which they are qualified for. This currently accounts for around 6% of the “employed” labour force. Then there is the rise of the self-employed workforce, where the divide between “employed” and “involuntarily unemployed” makes little sense.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da BackhandWinner »

Ecco, ho ritrovato il topic :)

Mi interessa soprattutto la posizione del tennis, sul continuum 'Luck - Skill', per ovvi motivi. Ma mi sembra comunque il topic adatto:

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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

BackhandWinner ha scritto:Ecco, ho ritrovato il topic :)

Mi interessa soprattutto la posizione del tennis, sul continuum 'Luck - Skill', per ovvi motivi. Ma mi sembra comunque il topic adatto:

Mi hai fatto spendere 25 Euro su Google Play...

Speriamo bene... :)
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da paoolino »

paoolino ha scritto:
BackhandWinner ha scritto:Ecco, ho ritrovato il topic :)

Mi interessa soprattutto la posizione del tennis, sul continuum 'Luck - Skill', per ovvi motivi. Ma mi sembra comunque il topic adatto:

Mi hai fatto spendere 25 Euro su Google Play...

Speriamo bene... :)
Ho letto l'introduzione. Sembra una versione 2.0 di "Giocati dal caso" di Taleb.

Per quanto riguarda il mio parere riguardo al tennis sul continuum Luck-Skill, non condivido molto il posizionamento degli sport individuali.
Nel video, essi sono considerati molto meno affetti dall'influenza della fortuna rispetto agli sport di squadra. Ad intuito direi che un singolo individuo è più soggetto a subire influenze esterne che possono influire sul suo rendimento in gara rispetto a un gruppo o ad una squadra e quindi, fattori esterni casuali e non prevedibili a priori, dovrebbero incidere di più negli sport individuali che negli sport di squadra.
Sulla prestazione sportiva un mal di schiena di Federer prima di un incontro di tennis è molto più determinante di un mal di schiena di Dybala prima di una partita di calcio della Juventus.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da alessandro »

OK, bisogna vedere cosa si intende per fortuna.

Se fortuna la differenza tra il risultato teorico conoscendo le forze in campo in quel momento e irisultati effettivi non previsti, il mal di schiena o meno non è fortuna o sfortuna, è una variante delle forze schierate in quel momento.

Un federer dolorante vale meno e il risultato va pesato su questi valori, se col mal di schiena perde da un buon delpotro non è fortuna ma semplicemente un buon delpotro è forte quanto o più di un federer menomato.

Se invece si considera come standard in massimo rendimento dei giocatori o una media dei rendimenti dell’ultimo anno è diverso.

Se però si pesano le forze effettivamente schierate in campo la fortuna incide molto di più , a logica, nei giochi dove un episodio è più spesso determinante.

Nel calcio, un palo o un rigore assegnato decide 8 partite su 10. Perché la maggior parte delle partite finisce in pareggio o con lo scarto di un solo goal.

Nel tennis, un nastro vincente o un punto chiamato male può determinare una partita su 1000. Se sei 40-0 se regalano un punto all’avversario non cambia praticamente nulla, anche fosse una palla game o set, difficilmente questo può stravolgere una partita.

Può succedere su partite equilibrate e palle in momenti molto particolari e ancora non è detto sia determinante e chi ha avuto “la fortuna” non avrebbe vinto ugualmente.

Così credo che la fortuna incida meno che nel calcio nella pallavolo Basket pallamano (dove si segnano tante reti).

Non conosco bene gli sport americani.

Nell’atletica, i tempi sono quelli. Difficile che la fortuna sia decisiva in una maratona o anche nei 100 metri, se due sono vicini può avere qualche incidenza il caso ma praticamente zero se si considera come dato iniziale le forze in campo in quel momento, vinci o perdi se sei in grado e corri bene. Non ci sono rimpalli o altre condizioni esterne a decidere nel 99% dei casi. Poi c’ Il pazzo che blocca il maratoneta lungo il tragitto, ma è residuale.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da BackhandWinner »

alessandro ha scritto:OK, bisogna vedere cosa si intende per fortuna.

Se fortuna la differenza tra il risultato teorico conoscendo le forze in campo in quel momento e irisultati effettivi non previsti, il mal di schiena o meno non è fortuna o sfortuna, è una variante delle forze schierate in quel momento.

Un federer dolorante vale meno e il risultato va pesato su questi valori, se col mal di schiena perde da un buon delpotro non è fortuna ma semplicemente un buon delpotro è forte quanto o più di un federer menomato.

Se invece si considera come standard in massimo rendimento dei giocatori o una media dei rendimenti dell’ultimo anno è diverso.

Se però si pesano le forze effettivamente schierate in campo la fortuna incide molto di più , a logica, nei giochi dove un episodio è più spesso determinante.

Nel calcio, un palo o un rigore assegnato decide 8 partite su 10. Perché la maggior parte delle partite finisce in pareggio o con lo scarto di un solo goal.

Nel tennis, un nastro vincente o un punto chiamato male può determinare una partita su 1000. Se sei 40-0 se regalano un punto all’avversario non cambia praticamente nulla, anche fosse una palla game o set, difficilmente questo può stravolgere una partita.

Può succedere su partite equilibrate e palle in momenti molto particolari e ancora non è detto sia determinante e chi ha avuto “la fortuna” non avrebbe vinto ugualmente.

Così credo che la fortuna incida meno che nel calcio nella pallavolo Basket pallamano (dove si segnano tante reti).

Non conosco bene gli sport americani.

Nell’atletica, i tempi sono quelli. Difficile che la fortuna sia decisiva in una maratona o anche nei 100 metri, se due sono vicini può avere qualche incidenza il caso ma praticamente zero se si considera come dato iniziale le forze in campo in quel momento, vinci o perdi se sei in grado e corri bene. Non ci sono rimpalli o altre condizioni esterne a decidere nel 99% dei casi. Poi c’ Il pazzo che blocca il maratoneta lungo il tragitto, ma è residuale.
L'ho interpretata esattamente così, anche se non avevo pensato al punto di vista di paolino.
Quindi aggiungerei che, nel tennis, oltre al fatto che il risultato dipende dal singolo giocatore e da nessun altro in quanto sport individuale, è molto rilevante la struttura del punteggio, quando lo si confronti con gli sport di squadra (come ad esempio il calcio).
Essenziale anche il fatto che non si giochi a tempo. Per questo mi verrebbe da pensare che, tra calcio e pallavolo, quest'ultimo sport si possa considerare meno soggetto al fattore fortuna. Perlomeno sul singolo match. Poi se consideri i campionati...la possibilità di giocare n incontri tende, è chiaro, a rispecchiare più correttamente la forza effettiva delle squadre.
Ultima modifica di BackhandWinner il gio ott 12, 2017 10:47 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Ombra84 »

ed è il motivo per il quale una Coppa è mediamente più imprevedibile di un Campionato
djagermaister ha scritto:Dzumhur è il troll che controlla il ponte tra i challenger e gli Atp.
.
dsdifr ha scritto:Nel primo set della messa lei dichiarerà di voler sposare Istomin, poi piano piano Andreas riguadagnerà' terreno fino al lieto fine.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Burano »

In generale veritiera la distinzione tra sport individuali e di squadra. Anche se per esempio nel basket la componente fortuna è decisamente meno influente rispetto a molti sport individuali. Li il caso fortunato può esser giusto se scazzi da metà campo l'ultimo tiro a fil di sirena, o se la palla balla mezz'ora sul ferro e poi esce o entra.
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Re: Diamo i numeri

Messaggio da Nasty »

Ovvio, sport come il calcio è largamente inferiore, soprattutto a causa dell'incidenza della fortuna.
Ultima modifica di Nasty il ven ott 13, 2017 2:31 pm, modificato 3 volte in totale.
Siamo tutti testimoni "Perchè ti chiamano Pilone?"
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