Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Dibattito sulla vita sociale, sui problemi politici e sui microchip nei vaccini
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paoolino
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto:
be, direi di no, mi sembrerebbe illiberale e inuti
  • le. I privati avrebbero solo posti di lavoro piu' soddisfacenti e maggiori profitti se intraprendono quella strada rispetto ad altre. E' probabili che inizialmente diversi privati fallirebbero, ma fa parte dell' austerity iniziale
.

Comunque per me i privati sono ' lavoratori, bambini e pensionati' per cui, nella grande maggioranza dei casi, non perseguono nessuna politica economica proprio :)
Per cui, l'impresa privata non esiste. Esistono solo imprese statali che perseguono fini utili secondo le idee dei geniacci che hanno scritto la costituzione.

Sì, sì dittatura (presumibilmente) illuminata.
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
(paoolino parafrasando Sciascia)
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Nickognito »

e chi l' ha detto? L' Impresa privata esiste. Ma per me, i privati sono anche quelli che non hanno imprese, hanno valore anche loro. Sono la maggioranza. (e in futuro spero la stragrande maggioranza, essendo a favore della grande impresa sulla piccola)

Nessuna dittatura, semplicemente una democrazia fatta da persone pensanti.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto:e chi l' ha detto?
Tu :)
per me i privati sono ' lavoratori, bambini e pensionati'
Imprenditori non ne vedo (forse qualche lavoratore autonomo).
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
(paoolino parafrasando Sciascia)
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Albornoz »

Lyndon79 ha scritto:Cioè:
1) oh, le faccine le metto spesso in ogni post che scrivo. Mi piace utilizzarle, amen, :) .
2) Ma dimmi te se devo giustificare il mio uso delle faccine, :D .
3) Discorsi normali .. ma nemmeno per sogno. Ci sono scuole economiche contrapposte sul punto. Poi, io posso vederla più alla Krugman, con un bel programma socialdemocratico .. BHW, che alla fine è molto più a destra di te ( :D ) è più rigorista, :) .
4) Certo, verrebbe da chiedere: ma quale è la "filosofia" economica della destra italiana? domanda difficile, complessa, per me c'è grossa confusione - comunque andrebbe nell'altro topic, :) .
5) Ma la crisi spagnola ed europea, non era tutta colpa di Zapatero? :(
1) amen, è lecito;
2) ciò che è lecito non deve essere giustificato;
3a) un discorso può essere normale anche se esistono tesi contrapposte;
3b) eh, destra sinistra; magari uno è contrario all'abrogazione dell'art. 18 in quanto favorevole alla servitù della gleba, e quindi prima di tutto al divieto di licenziarsi.
4) "virgolette pudiche" sul termine "filosofia";
5) evidentemente no, Zapatero stava lì per uscire dall'Iraq e per eutanasie varie, e per il resto c'era la divertente bolla immobiliare ed il boom sportivo spagnolo, ma mica se ne doveva occupare il suo governo di queste cose, Zapatero era l'anti Beppe Grillo, la cosa ad hoc per un paese in movida a palla. Ma che c'entra con i punti precedenti?
Ultima modifica di Albornoz il mar mag 08, 2012 1:49 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Nickognito »

paoolino ha scritto:
Nickognito ha scritto:e chi l' ha detto?
Tu :)
per me i privati sono ' lavoratori, bambini e pensionati'
Imprenditori non ne vedo (forse qualche lavoratore autonomo).
ah, gli imprenditori non lavorano., Boh, no, per me aprire un ' impresa significa lavorare, spero :) Anche se uno ci mette solo i soldi e va alla bahamas, fa parte del lavoro.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

BackhandWinner ha scritto:Comunque, sull'articolo:

questa,
P.Krugman ha scritto:Europe’s voters, it turns out, are wiser than the Continent’s best and brightest.
è oscena, davvero non si può sentire. :)
:D

Sulle soluzioni proposte: la prima è delirante, impensabile (e in effetti lo dice lui stesso).
La seconda, boh, mi sembra una vecchia ricetta post-keynesiana basata su fondamenta incerte (l'effetto reale delle politiche monetarie espansionistiche): dubito sia una grande soluzione, anche se l'ossessione anti-inflazionistica dell'ortodossia monetarista forse è eccessiva.
quello che frega Krugman (oddio "frega": ci campa alla grandissima) è che è terribilmente accademico.
A dargli retta la sua sembrerebbe una sorta di ricetta salvifica sempre e comunque valida e applicabile, io penso che Keynes sarebbe il primo ad inorridirne (ma anche Friedman).

Insomma, Kruger non si rende conto che il suo è un modello, no, per lui tutti i molteplici aspetti della realtà non contano, ha in mano un martello e perciò tutto intorno ci sono soltanto chiodi.
Già sarebbe normalmente stupido non calare la discussione teorica nello specifico e complesso contesto economico, politico, e storico, di un paese (l'Inghilterra degli anni settanta non sono gli USA degli anni trenta), ma lo è doppiamente se ci riferisce all'Unione Europea, che è un'entità particolarmente stranella.

Nella visione di Krugy sembra che l'Europa sia una normale nazione, e che la Merkel voglia il rigore perché si è fissata con la dottrina monetarista. Ma non è evidentemente così: non solo l'Europa non è una nazione, bensì un insieme di paesi dagli interessi in parte confliggenti, ma soprattutto alla Merkel la teoria economica (applicata all'intero continente, per giunta) importa molto meno che l'interesse del proprio paese (quello che lei reputa essere tale, a torto o a ragione).
Non ci vuole un genio: la Merkel è eletta solo dai tedeschi, mica dagli spagnoli.

La Germania ci ha dato dentro con la spesa pubblica dopo la riunificazione, e le è servito, dieci anni più tardi ha tagliato tasse e spesa pubblica, e anche questo le è servito.
Adesso potrebbe tranquillamente incrementare i propri investimenti pubblici, già notevoli, a differenza ad esempio della Francia, che come ci prova si ritrova immediatamente con uno spread iberico.
Alla Germania potrebbe però convenire venire incontro agli altri paesi: può farlo in diversi modi, nessuno dei quali digeribile all'elettore tedesco, peraltro.
In ogni caso, la resistenza a farlo, o l'eventuale scelta di farlo, non c'entra una mazza col convertirsi o meno al Krugman pensiero, ma c'entra con il contrasto, o l'eventuale mediazione, fra diversi interessi nazionali.
Il francese vuole riattivare l'economia attraverso il disavanzo (cosa che può fare a patto che il tedesco accetti gli eurobond o più inflazione, ad esempio) il tedesco gli risponde: prima trovati i fondi tagliando la spesa corrente e aumentando la tua produttività, poi ne riparliamo (di sobbarcarci il vostro debito o ridurre il nostro potere d'acquisto).

E il discorso di Krugman è accademico anche se applicato all'Italia.
Quarant'anni di politiche keynesiane, poi si entra nell'euro.
A quel punto non si trattava di abbracciare il rigore monetarista perché folgorati sulla via di Damasco dalla relativa dottrina, ma perché pragmaticamente ci si era costretti:
1) moneta unica che non dipende più da noi, fine della svalutazione programmata
2) impossibilità di continuare ad applicare la vecchia politica anche su scala europea, e non perché la bce fosse in mano ai "monetaristi" (il punto sul quale insiste Krugman), ma perché mancava proprio un governo centrale che potesse metterla in pratica.
Per farlo deve esistere un governo centrale, prima di tutto, il quale attui una politica fiscale comune, e "gestisca" un debito comune.
E solo allora il Krugman di turno potrà criticare o meno il banchere centrale europeo imputandogli o meno di non assecondare la politica del suddetto governo europeo.


Invece abbiamo preferito far finta di niente e continuare ad alimentare il debito come se niente fosse.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Sì e no .. :)
La politica monetaria europea è unica. Il punto è che diversi paesi hanno esigenze diverse, per mille motivi (cicli economici, per esempio). Il punto è che la politica monetaria della BCE, in questo momento di crisi, va bene per la Germania. Ma non per altri paesi, cui in questo momento di crisi (e Krugman mica è così totalitario, :) ) gioverebbe una poltitica monetaria ed economica espansiva.

Quindi il punto è sì creare un governo economico europeo, unico.

Altrimenti, davvero l'euro non ha più senso. Se c'è una moneta unica, una politica monetaria unica (e sì, gran parte della BCE è monetarista, :P ), ma poi non ci sono meccanismi di re-distribuzione della ricchezza intra-paese, o meglio una vera politica economica unica, allora è difficile andare avanti.

Il problema è che un governo economico europeo, unico, non lo vuole nessuno, oggi (inclusa la Merkel e la Germania).
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Poi, la BCE è organi indipendente dagli stati. Sulla carta fa quel che vuole.
Ma poi sia per ragioni 'filosofiche' (come dicevo, son per lo più monetaristi), che politiche (la BCE è nata come una creatura tedesca, non a caso la sede è a Francoforte, difficile che l'esecutivo della BCE faccia qualcosa che non piaccia a, e non sia approvato da, la Germania), la strada è abbastanza stretta.
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paoolino
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto: ah, gli imprenditori non lavorano., Boh, no, per me aprire un ' impresa significa lavorare, spero :) Anche se uno ci mette solo i soldi e va alla bahamas, fa parte del lavoro.
Bòn. Ti ho frainteso (facevo lavoratori = operai / dipendenti), Pardòn. :)

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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da uglygeek »

Lyndon79 ha scritto:Altrimenti, davvero l'euro non ha più senso. Se c'è una moneta unica, una politica monetaria unica (e sì, gran parte della BCE è monetarista, :P ), ma poi non ci sono meccanismi di re-distribuzione della ricchezza intra-paese, o meglio una vera politica economica unica, allora è difficile andare avanti.

Il problema è che un governo economico europeo, unico, non lo vuole nessuno, oggi (inclusa la Merkel e la Germania).
E perche' i paesi ricchi dovrebbero voler redistribuire la loro ricchezza? 8) Perche' italiani e spagnoli sono simpatici latin lover?
All'interno di ogni nazione ci sono interi movimenti politici - solitamente di maggioranza - che si basano solo sull'idea di minimizzare la ridistribuzione di ricchezza il piu' possibile, per convenienza e per principio, persino quando la cosa diventa controproducente.
Non capisco perche' dovremmo aspettarci che i cittadini di un'altra nazione, i tedeschi in questo caso, divengano volontariamente piu' poveri per supportare il nostro stato sociale.

D'altra parte come potrebbe funzionare un governo economico europeo? Un governo implica leggi, regole anche molto dure. Mettiamo che la maggioranza Germania/paesi nordici/Francia decidesse che si pagano altissime tasse sulla proprieta' della casa, e che il governo italiano fosse contro. O che implementasse regole durissime contro l'evasione fiscale, regole che evidentemente i nostri commercianti e professionisti non sono disposti ad accettare. Cosa accadrebbe? Non accettiamo le leggi fatte a Roma, accetteremmo quelle di Bruxelles? (E naturalmente il discorso non vale solo per noi, e' reciproco).
Ultima modifica di uglygeek il mar mag 08, 2012 3:07 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Lyndon79 ha scritto:Cioè:
1) oh, le faccine le metto spesso in ogni post che scrivo. Mi piace utilizzarle, amen, :) .
2) Ma dimmi te se devo giustificare il mio uso delle faccine, :D .
#40# #40#
Lyndon79 ha scritto:3) Discorsi normali .. ma nemmeno per sogno. Ci sono scuole economiche contrapposte sul punto. Poi, io posso vederla più alla Krugman, con un bel programma socialdemocratico .. BHW, che alla fine è molto più a destra di te ( :D ) è più rigorista, :) .
#104# :D
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da gianlu »

Secondo me il vero nodo da sciogliere è quello degli squilibri commerciali intracomunitari.
L'eccesso di risparmi domestici sugli investimenti domestici genera un surplus.
Si tratta di uno squilibrio, come lo è specularmente un deficit.
Il surplus tedesco delle partite correnti è su livelli cinesi (5% del pil).
La differenza è che i cinesi lo riciclano comprando altrove nel mondo (es. titoli di stato statunitensi), i tedeschi non assumono rischio valutario, preferendo quindi i titoli di stato dell'eurozona.
Come riassorbire questo surplus? O esportando di meno o importando di più.
Il primo caso si avvererà in presenza di difficoltà quali default ed exit dall'euro di uno o più stati.
Il secondo caso si avvererà se i tedeschi vorranno stimolare la propria domanda interna (in piccolo, è il meccanismo - originato dagli Stati Uniti - che determinò l'età d'oro del capitalismo mondiale dopo la seconda guerra mondiale e fino al 1973), favorendo quindi la crescita nel resto dell'eurozona, anche a costo di qualche tensione inflazionistica in patria.

Non sono quindi i c.d. stati-cicala, bensì l'ostinazione dei tedeschi a non stimolare la loro domanda interna ad accentuare le tensioni sugli altri membri dell'eurozona, rendendo quindi più probabili i default (a partire da quello greco per arrivare chissà dove).

Tutte queste tensioni vengono poi accentuate dalla presenza dell'Euro: senza di esso, il guaio degli squilibri commerciali intracomunitari determinerebbe le svalutazioni delle monete nazionali (per i paesi in deficit) e l'apprezzamento (per quelli in surplus). Per di più, viene meno anche l'incentivo a investire
(come fecero gli stessi tedeschi - es. Deutsche Bank - quando l'italia uscì dallo Sme) nei paesi che svalutano.

In un contesto simile, è ovvio che i mercati scommettano contro.

Per il prossimo futuro, molto dipenderà dalla forza negoziale di Hollande.
Un compromesso accettabile anche per i tedeschi potrebbe essere il permettere alla Bce di farsi carico dei debiti dei singoli stati inducendo la crescita tramite maggior flessibilità del cambio (salvando quindi almeno nella forma il fiscal compact tanto caro a Berlino).

Altrimenti è la fine (non che mi dispiaccia, eh).
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da _Kafelnikov_ »

uglygeek ha scritto:
Lyndon79 ha scritto:Altrimenti, davvero l'euro non ha più senso. Se c'è una moneta unica, una politica monetaria unica (e sì, gran parte della BCE è monetarista, :P ), ma poi non ci sono meccanismi di re-distribuzione della ricchezza intra-paese, o meglio una vera politica economica unica, allora è difficile andare avanti.

Il problema è che un governo economico europeo, unico, non lo vuole nessuno, oggi (inclusa la Merkel e la Germania).
E perche' i paesi ricchi dovrebbero voler redistribuire la loro ricchezza? 8) Perche' italiani e spagnoli sono simpatici latin lover?
All'interno di ogni nazione ci sono interi movimenti politici - solitamente di maggioranza - che si basano solo sull'idea di minimizzare la ridistribuzione di ricchezza il piu' possibile, per convenienza e per principio, persino quando la cosa diventa controproducente.
Non capisco perche' dovremmo aspettarci che i cittadini di un'altra nazione, i tedeschi in questo caso, divengano volontariamente piu' poveri per supportare il nostro stato sociale.
ma infatti, il problema dell'euro è proprio questo.. che ognuno, è in mano alla decisione altrui..
se ogni stato avesse la sua moneta, potrebbe applicare, in base alla PROPRIA decisione, o MENO, una politica inflazionistica. in tal modo, il SUO popolo potrebbe decidere in modo autonomo, con quale tenore di vita vivere..
l'italiano ci penserebbe su 4 volte prima di comprare prootti tedeschi, in particolar modo automobili...
vivrebbe con quello che potrebbe permettersi.
e di conseguenza, i tedeschi, avrebbero vita piu difficile, perchè a causa di una moneta forte non riuscirebbero a vendere cosi facile, e la loro economia progredirebbe meno velocemente..

invece con questa situazione creata, noi siamo schiavi delle intenzioni altrui... dobbiamo ridurre la spesa perchè ce lo impone qualcuno. al contrario se liberi, la spesa sarebbe ridotta in base a quello che uno può permettersi. dal punto di vista mentale, è una cosa completamente diversa.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da uglygeek »

gianlu ha scritto:Il secondo caso si avvererà se i tedeschi vorranno stimolare la propria domanda interna (in piccolo, è il meccanismo - originato dagli Stati Uniti - che determinò l'età d'oro del capitalismo mondiale dopo la seconda guerra mondiale e fino al 1973), favorendo quindi la crescita nel resto dell'eurozona, anche a costo di qualche tensione inflazionistica in patria.
Ma se i tedeschi stimolassero la domanda interna, non necessariamente questo stimolerebbe la crescita di altri paesi dell'eurozona.
Non e' piu' probabile che finirebbero per compare piu' automobili (tedesche), piu' Iphone (USA/Cina), e cosi' via?
Cosa esportano Spagna e Grecia? Una famiglia tedesca puo' andarci magari in vacanza una settimana l'anno, a prezzi neanche molto convenienti visto che sarebbero sempre in euro, ma questo e' quanto.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Burian siberiano »

Prevedibili conseguenze del fallimento della Grecia e della sua uscita dall'euro:

1) Impennata verticale del costo del debito nei PIIS (la G non c'è più, stava per Grecia...)
2) Fallimento degli obbiettivi di pareggio di bilancio in italia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
3) Aumento esponenziale del debito pubblico dei PIIS, con conseguente aumento esponenziale delle tasse, ammesso che i PIIS non imbocchino la stessa via della Grecia.
4) Fallimento o ricapitalizzazione forzata - con soldi pubblici - dei principali istituti di credito di Francia, Germania e italia. Conseguenza immediata in caso di ricapitalizzazione: ulteriore aumento dei debiti pubblici.
5) Difficoltà per l'italia a vendere titoli di stato, indipendentemente dallo spread. Il quale, comunque, salirà oltre 500 punti nei giorni successivi al fallimento greco, probabilmente anche oltre i 700.
In questo caso, è possibile che in italia avvenga per la seconda volta nella sua storia il prelievo forzoso di contanti dai conti correnti da parte del Tesoro, e cioè del governo. Oppure, il congelamento di quote importanti di titoli di Stato, specialmente di quelli in scadenza.
6) Fuga di capitali dall'area euro verso area dollaro, specialmente fuga dalle banche dei PIIS con conseguente crisi di liquidità e possibile insolvenza.
7) Le conseguenze complessive degli eventi suddetti saranno equivalenti al default dei PIIS.

Tutto ciò accadrà perchè quando venne creato l'euro NON venne creata la procedura per USCIRE dall'euro in casi come questi.

Farà molto caldo questa estate...
Il giorno in cui Federer appenderà la racchetta al chiodo capiremo la differenza.Quelli che si commuoveranno saranno coloro che amano il tennis.Tutti gli altri no.Tutti gli altri avranno visto sempre e solo due persone che si scambiano una pallina gialla.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Burian siberiano ha scritto:Prevedibili conseguenze del fallimento della Grecia e della sua uscita dall'euro:

1) Impennata verticale del costo del debito nei PIIS (la G non c'è più, stava per Grecia...)
2) Fallimento degli obbiettivi di pareggio di bilancio in italia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
3) Aumento esponenziale del debito pubblico dei PIIS, con conseguente aumento esponenziale delle tasse, ammesso che i PIIS non imbocchino la stessa via della Grecia.
4) Fallimento o ricapitalizzazione forzata - con soldi pubblici - dei principali istituti di credito di Francia, Germania e italia. Conseguenza immediata in caso di ricapitalizzazione: ulteriore aumento dei debiti pubblici.
5) Difficoltà per l'italia a vendere titoli di stato, indipendentemente dallo spread. Il quale, comunque, salirà oltre 500 punti nei giorni successivi al fallimento greco, probabilmente anche oltre i 700.
In questo caso, è possibile che in italia avvenga per la seconda volta nella sua storia il prelievo forzoso di contanti dai conti correnti da parte del Tesoro, e cioè del governo. Oppure, il congelamento di quote importanti di titoli di Stato, specialmente di quelli in scadenza.
6) Fuga di capitali dall'area euro verso area dollaro, specialmente fuga dalle banche dei PIIS con conseguente crisi di liquidità e possibile insolvenza.
7) Le conseguenze complessive degli eventi suddetti saranno equivalenti al default dei PIIS.

Tutto ciò accadrà perchè quando venne creato l'euro NON venne creata la procedura per USCIRE dall'euro in casi come questi.

Farà molto caldo questa estate...
Di chi sono queste 'previsioni'? Tue?
Non vorrei dire, ma puzzano di Bennettazzo, il grillo della finanza casereccia... :roll:
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Burian siberiano »

BackhandWinner ha scritto:
Di chi sono queste 'previsioni'? Tue?
Non vorrei dire, ma puzzano di Bennettazzo, il grillo della finanza casereccia... :roll:

di un mio amico.. :D
Il giorno in cui Federer appenderà la racchetta al chiodo capiremo la differenza.Quelli che si commuoveranno saranno coloro che amano il tennis.Tutti gli altri no.Tutti gli altri avranno visto sempre e solo due persone che si scambiano una pallina gialla.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

uglygeek ha scritto:
Lyndon79 ha scritto:Altrimenti, davvero l'euro non ha più senso. Se c'è una moneta unica, una politica monetaria unica (e sì, gran parte della BCE è monetarista, :P ), ma poi non ci sono meccanismi di re-distribuzione della ricchezza intra-paese, o meglio una vera politica economica unica, allora è difficile andare avanti.

Il problema è che un governo economico europeo, unico, non lo vuole nessuno, oggi (inclusa la Merkel e la Germania).
E perche' i paesi ricchi dovrebbero voler redistribuire la loro ricchezza? 8) Perche' italiani e spagnoli sono simpatici latin lover?
All'interno di ogni nazione ci sono interi movimenti politici - solitamente di maggioranza - che si basano solo sull'idea di minimizzare la ridistribuzione di ricchezza il piu' possibile, per convenienza e per principio, persino quando la cosa diventa controproducente.
Non capisco perche' dovremmo aspettarci che i cittadini di un'altra nazione, i tedeschi in questo caso, divengano volontariamente piu' poveri per supportare il nostro stato sociale.

D'altra parte come potrebbe funzionare un governo economico europeo? Un governo implica leggi, regole anche molto dure. Mettiamo che la maggioranza Germania/paesi nordici/Francia decidesse che si pagano altissime tasse sulla proprieta' della casa, e che il governo italiano fosse contro. O che implementasse regole durissime contro l'evasione fiscale, regole che evidentemente i nostri commercianti e professionisti non sono disposti ad accettare. Cosa accadrebbe? Non accettiamo le leggi fatte a Roma, accetteremmo quelle di Bruxelles? (E naturalmente il discorso non vale solo per noi, e' reciproco).
Ma non è questione di Germania contro Italia. Sembra che siccome la Germania è paese serio e produttivo, allora io istintivamente sto dalla sua parte, su ogni questione. E viceversa con l'Italia.

Le questoni sono diverse: il cicalismo dei paesi del Sud è una parte (importante) del discorso.
Ma non è certo tutto: ripeto, la politica monetaria è una sola e le esigenze dei paesi membri di diversa natura. Ad oggi, si è sempre seguita (banalizzo un po') le preferenze tedesche, per mille motivi. E, ancor più significativo, durante il periodo di crisi.
O si tratta l'UE come un corpo unico (e quindi si fa politica monetaria che vada bene per l'UE nel complesso; e ci sono meccanismi di re-distribuzione dei fondi in qualche modo), oppure che senso ha davvero per Spagna e Italia far parte dell'euro? A quel punto, ognuno fa una diversa politica monetaria, ed amen.

Il punto di Krugman, e molti altri, è che ad oggi servirebbe in Europa una politica monetaria espansionistica. Ma i tedeschi, ai quali non conviene/non gliene frega/eccetera, non la permettono. E senza l'endorsement tedesco, non si può farla, ovvio.

Tu dici: perchè i tedeschi dovrebbero permetterlo?

Legittimo. Però l'altra domanda è: che senso ha l'euro? perchè Spagna, Italia ma anche la Francia attenzione, dovrebbero rimanere?
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da _Kafelnikov_ »

BackhandWinner ha scritto:
Burian siberiano ha scritto:Prevedibili conseguenze del fallimento della Grecia e della sua uscita dall'euro:

1) Impennata verticale del costo del debito nei PIIS (la G non c'è più, stava per Grecia...)
2) Fallimento degli obbiettivi di pareggio di bilancio in italia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
3) Aumento esponenziale del debito pubblico dei PIIS, con conseguente aumento esponenziale delle tasse, ammesso che i PIIS non imbocchino la stessa via della Grecia.
4) Fallimento o ricapitalizzazione forzata - con soldi pubblici - dei principali istituti di credito di Francia, Germania e italia. Conseguenza immediata in caso di ricapitalizzazione: ulteriore aumento dei debiti pubblici.
5) Difficoltà per l'italia a vendere titoli di stato, indipendentemente dallo spread. Il quale, comunque, salirà oltre 500 punti nei giorni successivi al fallimento greco, probabilmente anche oltre i 700.
In questo caso, è possibile che in italia avvenga per la seconda volta nella sua storia il prelievo forzoso di contanti dai conti correnti da parte del Tesoro, e cioè del governo. Oppure, il congelamento di quote importanti di titoli di Stato, specialmente di quelli in scadenza.
6) Fuga di capitali dall'area euro verso area dollaro, specialmente fuga dalle banche dei PIIS con conseguente crisi di liquidità e possibile insolvenza.
7) Le conseguenze complessive degli eventi suddetti saranno equivalenti al default dei PIIS.

Tutto ciò accadrà perchè quando venne creato l'euro NON venne creata la procedura per USCIRE dall'euro in casi come questi.

Farà molto caldo questa estate...
Di chi sono queste 'previsioni'? Tue?
Non vorrei dire, ma puzzano di Bennettazzo, il grillo della finanza casereccia... :roll:
l'eugenio ne sa.. non è per niente casareccio..
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uglygeek
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da uglygeek »

Lyndon79 ha scritto:Ma non è questione di Germania contro Italia. Sembra che siccome la Germania è paese serio e produttivo, allora io istintivamente sto dalla sua parte, su ogni questione. E viceversa con l'Italia.

Le questoni sono diverse: il cicalismo dei paesi del Sud è una parte (importante) del discorso.
Ma non è certo tutto: ripeto, la politica monetaria è una sola e le esigenze dei paesi membri di diversa natura. Ad oggi, si è sempre seguita (banalizzo un po') le preferenze tedesche, per mille motivi. E, ancor più significativo, durante il periodo di crisi.
O si tratta l'UE come un corpo unico (e quindi si fa politica monetaria che vada bene per l'UE nel complesso; e ci sono meccanismi di re-distribuzione dei fondi in qualche modo), oppure che senso ha davvero per Spagna e Italia far parte dell'euro? A quel punto, ognuno fa una diversa politica monetaria, ed amen.

Il punto di Krugman, e molti altri, è che ad oggi servirebbe in Europa una politica monetaria espansionistica. Ma i tedeschi, ai quali non conviene/non gliene frega/eccetera, non la permettono. E senza l'endorsement tedesco, non si può farla, ovvio.

Tu dici: perchè i tedeschi dovrebbero permetterlo?

Legittimo. Però l'altra domanda è: che senso ha l'euro? perchè Spagna, Italia ma anche la Francia attenzione, dovrebbero rimanere?
Giusto. Io credo che l'idea di fondo fosse che la UE fosse una federazione tra economie piu' o meno di forza (o debolezza) analoghe. La UE prevedeva trasferimenti verso le aree piu' deboli; l'Irlanda ad esempio ne ha beneficiato molto, e anche l'Italia all'inizio. Ma l'idea credo fosse che si trattasse di un transitorio, piu' o meno lungo. Nessun paese vuole accollarsi l'onere di tener su l'economia di un altro paese per decenni, tantomeno di un paese di cicale.
Ora, quello che e' successo e' che un po' per la crisi mondiale, un po' perche' alcuni paesi hanno proprio falsificato i conti, un po' perche' altri paesi hanno continuato a spendere soldi che non avevano, c'e' meno equilibrio oggi di quanto ce ne fosse al momento della nascita dell'euro.
A questo punto si', l'euro non ha piu' senso.

Cosa vogliono i cittadini di paesi come Francia e Italia? In soldoni, continuare a vivere a credito. Con uno stato che tenga le tasse relativamente basse (o non le faccia pagare, come da noi) e uno stato sociale costoso. Con uno stato che non solo impieghi troppa gente nel settore pubblico, ma che anche, come committente, tenga diretatmente o indirettamente in vita gran parte delle imprese.
Qual'e' il problema? Che con l'euro tutto questo non si puo' piu' fare. Diventare virtuosi e' troppo difficile. L'unica e' pagare il conto - che sara' salatissimo - e uscire? E' probabile che sia cosi'. Da questo punto di vista hai ragione, a questo punto l'euro non ha piu' senso.
Se qualcuno pensava che l'euro fosse il modo per far pagare i nostri debiti ad altri paesi, beh, sicuramente era un'idea sbagliata.
Ultima modifica di uglygeek il mar mag 08, 2012 4:07 pm, modificato 1 volta in totale.
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Rosewall
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

Lynd, provo a dirlo con altre parole: l'azione della bce è condizionata molto meno dalle convinzioni teoriche dei suoi membri che dall'inesistenza di un governo centrale europeo: Greenspan o Bernanke al posto di Draghi probabilmente farebbero uguale.

La Germania ha felicemente adeguato la propria politica economica al contesto dell'Euro, la Francia no, l'Italia ancora meno.

Adeguato, peraltro, non significa che abbia sposato chissà quale rigore estremo, siamo sempre nell'ambito delle politiche keynesiane, come da settant'anni a questa parte hanno fatto tutti i governi occidentali di destra o di sinistra che fossero, incluso quelli repubblicana in USA.

Infatti socialdemocratico=keynesiano e liberista=monetarista è una classificazione che ha poco senso, alla fine la critica monetarista all'ortodossia keynesiana ha finito per essere inglobata da quest'ultima, e sul piano pratico il rigore viene ciclicamente applicato più come correttivo una tantum alle degenerazioni pubbliche più evidenti che come strumento per realizzare un qualche ultraliberismo.
A decidere di volta in volta se dilatare la spesa pubblica o meno sono i bilanci pubblici, la fiducia dei creditori, e i cicli economici, mentre il margine per la sinistra per aumentare la spesa pubblica è limitato, così come quello per la destra per ridurre le tasse (tanto che spesso un governo socialdemocratico si trova a dover tagliare e uno liberista a dover aumentare le tasse).
Diciamo che destra e sinistra possono differenziarsi per il modo in cui incrementano il debito (oppure, se costretti, per il modo in cui lo tengono sotto controllo), ma non certo sul farlo o meno (qualunque governo se può lo fa, almeno finché i nostri nipoti non torneranno indietro nel tempo per votare).


Un articolo in proposito:

Ai tempi di Keynes la spesa pubblica, in Usa, era circa il 2% del Pil, il debito federale intorno al 3%, il bilancio pubblico in pareggio e gli ammortizzatori sociali inesistenti. Negli ultimi 40 anni il disavanzo pubblico è stato la regola più che l'eccezione, la spesa pubblica si è attestata intorno al 30% del Pil e, dai primi anni 80, il debito federale non è mai sceso al di sotto del 40 per cento.
Nel 2010 la spesa, il disavanzo e il debito federale arriveranno, rispettivamente, al 40, al 14 e al 90% del Pil. La dimensione della spesa pubblica implica che gli stabilizzatori automatici esercitano un effetto correttivo rilevante nelle recessioni, anche in assenza di interventi speciali. Secondo DeLong, una caduta del Pil di 100 dollari determina «automaticamente» 37 dollari di maggiore disavanzo.
Nonostante il furore ideologico dell'epoca di Reagan, la quota della spesa federale sulla produzione non è diminuita in modo significativo e quasi nessuna recessione è stata superata senza misure di sostegno della domanda. La situazione dell'Europa continentale, ove gli ammortizzatori sociali sono più estesi, conferma tali impressioni.
Questi soli fatti dovrebbero convincerci che la teoria keynesiana non ha bisogno di particolari "rivincite". Essa ha sostanzialmente prevalso tra i policymaker, a dispetto della Scuola di Chicago. È vero che la stagflazione degli anni 70 ha smentito chi pensava che uno stimolo continuo della domanda potesse avere effetti positivi e duraturi sull'attività economica. Ma la smentita va interpretata come un ritorno al buon senso, piuttosto che una sconfitta della teoria keynesiana.
Se veramente bastasse spendere soldi pubblici o stampare moneta per sollevare il tenore di vita delle famiglie, avremmo già risolto il problema del sottosviluppo. La maggior prudenza con cui è stata usata la politica fiscale in disavanzo a fini anti-recessivi dagli anni 80 in poi si deve al timore concreto di destabilizzare i bilanci pubblici.
Anche questa non è una smentita di Keynes. Le politiche fiscali anticicliche sono più efficaci se il disavanzo e il debito dello stato sono contenuti. Inoltre, non possiamo ignorare la tendenza dei governi a trasferire i tributi fiscali sulle generazioni future.

Non tutti gli economisti sono convinti dell'efficacia dello stimolo fiscale.

Molti sostengono che, se la spesa pubblica viene finanziata in disavanzo, cioè con emissione di nuovo debito pubblico, essa sottrae risorse alla spesa privata per investimenti e consumi. Le politiche fiscali di stimolo della domanda sono efficaci solo se il risparmio privato aumenta in misura tale da evitare che ogni euro in più di spesa pubblica sia compensato da un euro in meno d'investimenti e consumi. A sua volta, il modo in cui il risparmio privato reagisce all'aumentare della spesa pubblica dipende da fattori contingenti: dallo stato dei mercati finanziari, dall'avversione al rischio degli investitori, dalle aspettative delle famiglie.
Se il passato fosse sempre una buona guida per il futuro, dovremmo concludere che il moltiplicatore della spesa pubblica sia piuttosto basso (non molto diverso da uno) e che gli effetti si esauriscano rapidamente. Ma la teoria keynesiana non è in grado di dirci qual è il valore del moltiplicatore indipendentemente dal tipo di recessione che dobbiamo affrontare, e i problemi di oggi potrebbero essere diversi da quelli del passato.


Mentre la Bce apprezza le misure varate dalla Grecia e valuta se lasciare invariati i tassi, in questo momento i bilanci pubblici dei governi sono particolarmente appesantiti dalle troppe promesse dei governi: opere pubbliche, ammortizzatori sociali, spesa sanitaria, riduzione delle tasse e salvataggi delle istituzioni finanziarie. I margini di manovra per un ulteriore aumento di spesa sono quindi limitati. Tuttavia, vi sono almeno due aspetti della congiuntura che potrebbero spingere verso un uso più intenso della spesa pubblica.
Il primo aspetto è che, secondo alcuni, la politica monetaria ha esaurito le sue cartucce. I tassi nominali a breve sono al minimo e l'inflazione è trascurabile. Ulteriori immissioni di liquidità da parte delle banche centrali potrebbero essere poco efficaci.
Questa è l'opinione del capo economista dell'Fmi, Olivier Blanchard, secondo cui siamo di fronte a una «trappola della liquidità» e, per tale motivo, dovremmo tornare alla politica fiscale. Tuttavia, i tassi a lunga sono ancora elevati e la politica monetaria può fare ancora molto per stimolare il credito con il quantity easing.
Il secondo aspetto è stato recentemente suggerito da un economista di Chicago: John Cochrane. La recessione del 2008 è caratterizzata da un collasso del mercato finanziario. I risparmi delle famiglie non arrivano alle imprese perché le istituzioni finanziarie fanno "incetta" di attività liquide e hanno paura di prestare a lungo termine.
Questa resistenza si deve in gran parte a un aumento dell'avversione al rischio dovuta a mancanza di fiducia. Il risultato è un eccesso di domanda di titoli di stato (gli unici strumenti privi di rischio) e un eccesso di offerta di attività a più alto rischio emesse dai privati. I governi devono allora offrire tutti i titoli pubblici che le istituzioni finanziarie e i risparmiatori domandano sul mercato e comprare i titoli rischiosi a lungo termine che esse rifiutano.

Questo scambio sta avvenendo su larga scala da molti mesi e potrebbe sbloccare i flussi finanziari verso le imprese, delegando allo stato una parte dell'intermediazione finanziaria. Se è vera l'analisi appena illustrata, una crescita del debito pubblico può aiutare ad uscire dalla crisi, ma la sfida sarà come tornare alla normalità, quando i risparmiatori si stancheranno di detenere titoli a basso rischio e rendimenti nulli. In quel momento si capirà se i titoli rischiosi acquistati dal Tesoro sono stati un buon affare.
Le ragioni per cui i disavanzi e il debito pubblico dovrebbero aumentare nel corso della crisi del 2008 non sono convenzionali. I governi fronteggiano oggi nuovi problemi di politica economica e non trovano tutte le risposte nei testi keynesiani. La questione di fondo non è se lo stato deve stimolare la crescita, ma quali strumenti deve usare a questo scopo.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da gianlu »

uglygeek ha scritto:
gianlu ha scritto:Il secondo caso si avvererà se i tedeschi vorranno stimolare la propria domanda interna (in piccolo, è il meccanismo - originato dagli Stati Uniti - che determinò l'età d'oro del capitalismo mondiale dopo la seconda guerra mondiale e fino al 1973), favorendo quindi la crescita nel resto dell'eurozona, anche a costo di qualche tensione inflazionistica in patria.
Ma se i tedeschi stimolassero la domanda interna, non necessariamente questo stimolerebbe la crescita di altri paesi dell'eurozona.
Non e' piu' probabile che finirebbero per compare piu' automobili (tedesche), piu' Iphone (USA/Cina), e cosi' via?
Cosa esportano Spagna e Grecia? Una famiglia tedesca puo' andarci magari in vacanza una settimana l'anno, a prezzi neanche molto convenienti visto che sarebbero sempre in euro, ma questo e' quanto.
La Grecia possiamo darla per persa, affossata per vari motivi, non ultimo l'idea (made in Deutschland)
che la sola austerità fiscale potesse bastare per un riequilibrio finanziario
(impossibile, in un'economia tra le più dipendenti dallo Stato nell'eurozona).
Può funzionare solo se permette di ridurre i tassi di interesse domandati dal mercato al di sotto del tasso di crescita del Pil.
Se però l'austerità provoca un avvitamento al ribasso del Pil (e, quindi, delle entrate fiscali)
i mercati continuano a richiedere tassi di interesse più alti, il che porta a contrarre nuovi debiti.
Se il debito cresce ed il Pil cala, la situazione diventa insostenibile ed il default è dietro l'angolo, come abbiamo visto qualche mese fa.

La Spagna esporta pur sempre nel mondo quasi 200 miliardi di euro l'anno, cifra che salirebbe
se la Germania attivasse la propria domanda interna (ottantaduemilioni di persone ricche di liquidità).

Vorrei inoltre confutare l'immagine di una Germania virtuosa al 100%:
- già nel 2008 dovettero utilizzare un sesto del pil per salvare le loro banche (anche quelle locali,
che avevano investito in subprime e similia per assicurare forti dividendi ai loro azionisti pubblici).
- i loro istituti sono oggi ultraesposti nei confronti della Grecia (secondi in europa dopo la Francia).
- sul fronte dei conti pubblici non si può dimenticare come la loro Cassa depositi e prestiti avesse finanziato le imprese locali con miliardi di euro, senza che questo venisse contabilizzato come debito od aiuto di stato.
- una svalutazione dell'Euro porterebbe sì impoverimento, ma l'eventuale exit di uno o più paesi periferici avrebbe a sua volta risvolti negativi per la Germania (all'incremento dei flussi finanziari verso di loro seguirebbe una rivalutazione della moneta e conseguenti maggiori difficoltà per i loro esportatori).
Tutto ciò in un contesto da loro imposto da anni:
a che serve l'Euro se non a dare loro un rapporto di cambio fisso con i maggiori partner commerciali
(alla luce del fatto che 3/4 del loro output produttivo finisce in area euro)?

La grande responsabilità dei governi italiani negli ultimi anni è stata appunto il non aver posto la questione tedesca in europa:
alle condizioni attuali è la Germania a fruire di vantaggi costruiti a tavolino a favore della propria economia, il che aumenta gli squilibri.
Più che odiose redistribuzioni delle risorse, andrebbe domandato di rivedere le condizioni al fine di poter giocare alla pari la partita.
« Ci vorrebbe un lavoro a parte per star dietro a tutte le balle che si scrivono »
(Albornoz)

el saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!
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Rosewall
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

OOOOHLA'!


LA DEMOCRAZIA E IL FISCAL COMPACT

Domenica 6 maggio è stata un Super-Sunday: tante elezioni tutte insieme in tanti paesi europei. Le elezioni presidenziali che hanno dato la vittoria a Francois Hollande in Francia, le elezioni politiche che hanno lasciato la Grecia priva di una coalizione in grado di governare e le elezioni locali in Germania e in Italia hanno messo in evidenza risultati simili: nell’Europa in crisi gli elettori premiano chi si oppone ai tagli di bilancio. Ma la revisione delle politiche di rigore di bilancio auspicata dalla maggioranza degli elettori incontra un importante vincolo oggettivo: i governi a cui gli elettori oggi chiedono una svolta di minor severità fiscale sono quelli nei quali la spesa pubblica è salita di più negli ultimi dieci anni. Alle difficoltà di oggi, non c’è via di uscita alternativa a quella di praticare le riforme con anche maggiore decisione rispetto a quanto fatto in passato.

LO SPETTRO DELLA RIVOLTA ANTI-AUSTERITÀ SI AGGIRA PER L’EUROPA

In Francia il presidente uscente Nikolas Sarkozy aveva archiviato da tempo le 316 proposte di riforma della Commissione per la Liberazione della Crescita di Jacques Attali e della sua commissione di 42 saggi (tra cui il futuro premier italiano Mario Monti). Ha così perso sia pure di misura senza aver rigirato la Francia come un calzino, rincorrendo a destra all’ultimo minuto i voti di Marine Le Pen. Il vincitore François Hollande ha fatto promesse molto generose in campagna elettorale. Qualcuno ha cominciato a quantificarne i costi in più di 20 miliardi di euro. In Grecia hanno perso i due partiti principali, i conservatori di Nea Democratìa e i socialisti del Pasok, colpevoli - agli occhi di un elettorato stanco e incerto tra il salto del buio dell’uscita dall’euro e il cappio dell’aggiustamento fiscale - di aver fornito supporto parlamentare alle misure di tagli di bilancio del governo Papademos, visto come l’agente locale della troika Bce-Commissione Europea-Fondo Monetario. In Italia la massiccia affermazione del Movimento Cinque Stelle non è qualitativamente molto diversa dal successo elettorale del movimento di sinistra radicale Syriza in Grecia o da quella dei neo-comunisti del “rosso” Mélenchon in Francia. Tutti raccolgono l’avversione dell’elettorato verso politiche fiscali restrittive presentate come necessarie per rimanere dentro ad un euro e che sono invece sempre più identificate come la fonte della crisi e non come un ombrello di protezione. Lo stesso vale tra l’altro per il Partito dei Pirati tedesco che ha raccolto più dell’8 per cento dei voti nelle elezioni del Schleswig-Holstein, un land della Germania del nord con una forte minoranza danese. Anche in queste elezioni la sostanziale tenuta della Cdu di Angela Merkel e la parziale ripresa dei suoi attuali alleati liberal-democratici non sono stati sufficienti ad evitare che una coalizione di centro-sinistra conquistasse la maggioranza del land.
Nell’insieme, l’esito del Big Sunday mette in discussione l’impianto del Fiscal Compact, l’accordo raggiunto pochi mesi fa e oggi diventato l’emblema dell’imposizione del rigore alla tedesca sul resto dell’Europa. Lo spettro di una Internazionale anti-austerità si aggira per l’Europa e nessuno sa come affrontarlo.

I VINCOLI ALLA REVISIONE DEL FISCAL COMPACT

La revisione delle politiche rigoriste auspicata dalla maggioranza degli elettori incontra tuttavia alcuni vincoli oggettivi di cui anche i governi più preoccupati dei risvolti sociali dell’adozione di politiche fiscali rigorose non potranno non tenere conto. I dati sull’andamento della spesa pubblica nei paesi europei negli ultimi dieci anni, cioè da quando è stato introdotto l’euro, sono esempi eloquenti di questi vincoli. Dalla fine del 2001, infatti, nell’eurozona a 17 paesi la spesa pubblica è aumentata da 3340 a 4665 miliardi di euro (in euro correnti), cioè del 39,6 per cento. In percentuale sul Pil, la spesa è aumentata dal 47 al 51 per cento del Pil dell’eurozona. La crisi post-2008 è stata certamente una potente leva per questo aumento. Il punto però è che la crisi c’è stata anche in Germania dove nel solo 2009 il Pil è sceso di più di 5 punti percentuali. Ma in Germania tra il 2001 e il 2010 la spesa pubblica tedesca è aumentata solo del 18,5 per cento, da poco più di 1000 miliardi di euro a 1180 miliardi circa. Il modesto aumento della spesa pubblica si è accoppiato con la rapida crescita del Pil e con la moderata inflazione sperimentata dalla Germania in questi anni. Il risultato è che la quota della spesa pubblica sul Pil è rimasta costante. Nonostante la crisi e i salvataggi bancari, gli aiuti alle case automobilistiche e, recentemente, i generosi aumenti salariali al pubblico impiego. La spesa pubblica tedesca rimane piuttosto elevata (essendo pari al 48 per cento del Pil), ma la sua entità è rimasta la stessa del 2001 in percentuale sul reddito prodotto dai tedeschi. Ecco, più o meno, cosa intendono i tedeschi con rigore fiscale.
I numeri sono ovviamente interpretabili ma non sono opinioni. I dati tedeschi implicano che, nel resto dell’eurozona senza la Germania, la spesa pubblica sia invece aumentata del 41,5 per cento, da 2340 a 4480 miliardi di euro, tra il 2001 e il 2010. Si tratta di un aumento di 23 (41,5 meno 18,5) punti percentuali superiore a quello registrato in Germania, cioè nel paese che ha finanziato il fondo salva-stati temporaneo e finanzierà il fondo salva-stati permanente per più del 25 per cento del totale (come stabilito dai trattati, in proporzione al Pil e alla popolazione tedesca).

I PARADOSSI DELL’UNIONE

Da qui, in poche parole, nasce l’attuale insoddisfazione dell’elettorato tedesco nei confronti dell’euro e dell’attuale configurazione delle istituzioni europee - insoddisfazione che spiega una buona parte dell’atteggiamento apparentemente ondivago della signora Merkel degli ultimi anni. Al caso tedesco si può anche aggiungere quello slovacco. Come racconta il Wall Street Journal, la Slovacchia ha impegnato, tra fondi sborsati e garanzie, un totale di 13 miliardi di euro nel fondo salva-stati. La cifra è più grande delle entrate fiscali annuali del governo slovacco. E contribuisce a salvare un paese come la Grecia che nel 2010 aveva un reddito pro-capite di circa 20 mila euro, ben maggiore dei 12 mila euro degli slovacchi.
Tra tutti i paesi dell’eurozona ci sono poi degli osservati speciali. Si tratta dei paesi che hanno causato la crisi dei debiti sovrani negli ultimi mesi. Ma anche qui si riscontrano differenze significative. Ad esempio, la spesa è aumentata “solo” del 31 per cento in Italia. E’ aumentata ben di più negli altri paesi sull’orlo del default: del 56 per cento in Portogallo, del 72 per cento in Grecia e addirittura dell’89 per cento in Spagna. In Francia l’aumento della spesa è stato pari al 42 per cento. Gli aumenti della spesa in proporzione al Pil hanno oscillato tra i 5 punti di Francia e Grecia e i 9 punti percentuali del Portogallo, con il +7 punti della Spagna a metà strada.
I dati relativamente meno cattivi dell’Italia sono un merito dei nostri guardiani della cassa pubblica (e soprattutto di Giulio Tremonti, che è stato ministro dell’Economia per la maggior parte del tempo tra il 2001 e il 2010)? Mah. A far crescere poco la spesa in Italia è stato soprattutto l’enorme debito pubblico con cui siamo entrati nell’euro. In Italia il debito pubblico era già il 105 per cento del Pil nel 2001, di poco più alto che in Grecia. In Francia, Spagna e Portogallo il debito era invece molto più basso, pari al 53, 59 e 54 per cento, rispettivamente. Con quel debito di partenza, gli altri paesi mediterranei hanno creduto di potere mantenere abitudini di spesa “mediterranee” sfruttando i tassi tedeschi garantiti dall’ombrello dell’euro. Ora stanno pagando e pagheranno il conto delle loro scelte. Con il doppio del debito pubblico degli altri, la spesa pubblica in Italia avrebbe dovuto scendere, almeno in quota sul Pil, non aumentare. E invece la spesa in euro è colpevolmente aumentata del 31 per cento. E con la bassa crescita di questi anni, la spesa in percentuale sul Pil è aumentata dal 47,9 al 50,6 per cento. E per un paio d’anni, nel 2007-08, si è addirittura discusso di come spendere un “tesoretto” di entrate fiscali che non esisteva.

LE OPZIONI PER L’ITALIA E PER L’EUROPA

Con in mano i dati comparati sulla spesa pubblica europea del dopo-euro, è obiettivamente difficile e anche ingiusto chiedere alla signora Merkel di rinegoziare un trattato come il Fiscal Compact che mette la stabilità fiscale al centro dell’attenzione. È difficile perché sarebbe come chiedere alla signora Merkel di suicidarsi politicamente. Ma è anche ingiusto perché i tedeschi, sottoposti alle stesse dinamiche demografiche e agli stessi shock economici degli altri, hanno controllato la spesa pubblica con molta maggiore efficacia di quanto abbiano fatto gli altri paesi europei.
È invece possibile e doveroso sfruttare la strada lasciata aperta dal Fiscal Compact nella sua attuale formulazione che consente deviazioni dal rigore fiscale a fronte di comprovato successo nell’adozione di misure che favoriscano la crescita economica. Abbandonare ora la strada delle riforme economiche di modernizzazione delle economie europee appena intraprese sarebbe un grave errore che l’unione monetaria nel suo complesso pagherebbe molto caro.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Rose, poi intervengo articolando: comunque articolo proprio brutto, :)
(molto meglio Scalfari a 'sto punto, :D ).
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

ma è proprio l'opposto di un editoriale di Scalfari, è un articolo straordinariamente lucido, una rasoiata essenziale che taglia via tutte le seghe sovrastrutturali che hanno imperversato in questi mesi (ultima quella di Krugman dell'altro giorno). :)
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Allora, è brutto, fazioso e tendenzialmente inutile, :) . Basta? :D

E' incredibilmente fazioso quando a stento menziona perchè la spesa pubblica è così tanto cresciuta (soprattutto dopo il 2008): e cioè la MANCANZA DI CRESCITA, se non RECESSIONE. E' chiaro che in queste condizioni, anche tagliando (come è stato fatto un pochino) non risulta perchè è il PIL che diminuisce. Fare un'articolo in cui la parte centrale è la discussione dell'evoluzione della spesa pubblica, e citare solo en passant, una volta, come se fosse marginale questa questione, è fazioso (nonchè poco utile per capire le tematiche in atto).
Gli svelo appunto un segreto: in Germania la spesa pubblica è cresciuta di meno, perchè il PIL è cresciuto di più rispetto a Grecia, Italia, Francia e Spagna, :) . Nemmeno lo cita come ipotesi ...

Fazioso anche quando cita alcuni debiti pubblici a caso: anche il Canada ha alto debito pubblico, anche gli USA (per non dire l'immarcescibile Giappone o altri paesi) - la questione (per la crescita, ma anche per i mercati) allora è solo la quantità di debito pubblico, o ci sono altre variabili da considerare per capire queste dinamiche? è così importante la quantità di debito pubblico? magari sì, ma ce lo spieghi (il perchè), per carità.
Anche perchè, guardando il Regno Unito, tutta questa ossessione per il welfare state, mi fa ridere.
Premesso che ci sono sprechi assurdi, a occhio però ( :D , non ho statistiche) anche nel welfare state britannico. Il Regno Unito aveva un relativamente basso debito pubblico. Tutti però preoccupati che il welfare state non si può tenere così come è, eccetera eccetera.
Poi viene la crisi, si rinazionalizzano le banche; e il debito pubblico, per le due cose (e anche qui, nonostante i tagli notevoli che si son fatti, la poco crescita fa espandere la spesa), schizza a livelli molto alti, raddoppia ormai ... Con quella nazionalizzaizone delle banche (quasi sicuramente necessaria, eh), sai quanta sepsa pubblica e welafre state potevi mantenere, per decenni, :D .

Ah, anche in UK, nonostante un partito Laburista abbastanza risibile, alle amministrative il governo ha perso di brutto. Poteva includere anche il caso britannico, e al contempo lasciare da parte il paragone estrema sinistra in Grecia e Francia, e Movimento a 5 stelle .. ma che si è fumato? :P. Roba buona davvero, :) .

Infine, la parte dove forse mi sorprende di più è il Fiscal Compact - perchè è patto inutile e "stupido" (Prodi 2003 - giudizio condiviso da quasi tutti). il FC non è altro che un Patto di Stabilità ancora più stretto e rigido. Patto di stabilità che non ha avuto alcun effetto politicamente, e che è strutturato in modo economicamente stupido. ma che senso ha proibire la danimarca, che ha ottimi conti, se per un paio di anni vuole finanziare la propria crescita, ad eccedere i parametri del trattao? economicamente, nessuno.
Ma anche un paese in crisi, magari può essere che per ripartire possa avere bisogno di un po' più di spesa pubblica, per un paio di anni .. che differenza fa un debito al 114, o al 121? cambia così tanto? e poi, comunque se sei in recessione, al 121 ci arrivi presto ...

E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).

Ora, io non sono economista, e non so valutare quale sia eventualmente la strategia migliore. Beh, su questioni macroeconomiche nemmeno gli economisti poi son molto d'accordo ..
La seconda strada istintivamente mi piace di meno, perchè si lascia dietro, e se ne frega sostanzialmente, delle lacrime e sangue che fa sgorgare nel breve periodo (poi, dove in Italia non ci sono ammortizzatori sociali diffusi).

Quel che voglio dire è che la strada tedesca non è l'unica strada, e chi la critica ha una piena legittimità (quando le argomentazioni sono valide eh). E l'articolo è brutto, :D .
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da uglygeek »

Lyndon79 ha scritto: Poi viene la crisi, si rinazionalizzano le banche; e il debito pubblico, per le due cose (e anche qui, nonostante i tagli notevoli che si son fatti, la poco crescita fa espandere la spesa), schizza a livelli molto alti, raddoppia ormai ... Con quella nazionalizzaizone delle banche (quasi sicuramente necessaria, eh), sai quanta sepsa pubblica e welafre state potevi mantenere, per decenni, :D .
Vero. Ma quando l'Irlanda ha di fatto nazionalizzato le sue banche, io avevo tutti i miei risparmi depositati nella Bank of Ireland. Cosa sarebbe successo se fosse fallita e se lo stato non avesse garantito i depositi?
Avere un buon welfare e tutti i risparmi in fumo non e' una gran bella prospettiva.
Lyndon79 ha scritto:E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).

Ora, io non sono economista, e non so valutare quale sia eventualmente la strategia migliore. Beh, su questioni macroeconomiche nemmeno gli economisti poi son molto d'accordo ..
La seconda strada istintivamente mi piace di meno, perchè si lascia dietro, e se ne frega sostanzialmente, delle lacrime e sangue che fa sgorgare nel breve periodo (poi, dove in Italia non ci sono ammortizzatori sociali diffusi).

Quel che voglio dire è che la strada tedesca non è l'unica strada, e chi la critica ha una piena legittimità (quando le argomentazioni sono valide eh). E l'articolo è brutto, :D .
Verissimo. Il fatto e' che al di la' delle opinioni economiche una politica rigorista e' molto piu' semplice da applicare in una federazione di nazioni che hanno governi separati che perseguono politiche economiche diverse. Una politica keynesiana richiede che qualcuno stampi o tiri fuori i soldi per finanziarla, e chiaramente danneggia i paesi-formica e avvantaggia i paesi-cicala. Si puo' applicare per un certo periodo forse, ma e' difficile. Per funzionare richiede una integrazione politica che in questo momento, purtroppo, appare impossibile.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

Lyndon79 ha scritto:Allora, è brutto, fazioso e tendenzialmente inutile, :) . Basta? :D

E' incredibilmente fazioso quando a stento menziona perchè la spesa pubblica è così tanto cresciuta (soprattutto dopo il 2008): e cioè la MANCANZA DI CRESCITA, se non RECESSIONE. E' chiaro che in queste condizioni, anche tagliando (come è stato fatto un pochino) non risulta perchè è il PIL che diminuisce. Fare un'articolo in cui la parte centrale è la discussione dell'evoluzione della spesa pubblica, e citare solo en passant, una volta, come se fosse marginale questa questione, è fazioso (nonchè poco utile per capire le tematiche in atto).
Gli svelo appunto un segreto: in Germania la spesa pubblica è cresciuta di meno, perchè il PIL è cresciuto di più rispetto a Grecia, Italia, Francia e Spagna, :) . Nemmeno lo cita come ipotesi ...
e chissà come mai!
Sbagli su tutta la linea, e poiché ti sei accostato all'articolo in maniera pregiudizialmente ostile, lo hai cassato (con irridente sicumera, fra l'altro: "inutile", "gli svelo un segreto") senza neanche non dico verificarne i dati*, ma almeno leggerlo con l'attenzione che meritava (che meritava avendotelo selezionato con amore io :) ).

Ti è sfuggito questo passaggio, che esamina la spesa indipendentemente dai PIL: "ma in Germania tra il 2001 e il 2010 la spesa pubblica tedesca è aumentata solo del 18,5 per cento(...)
In Francia l’aumento della spesa è stato pari al 42 per cento."

Faziosissimo, proprio.

* Spesa pubblica in Germania, per abitante:
2002 -> 12.394,6 euro
2011 -> 14.350 euro
Incremento: 1955,4 euro

Spesa pubblica in Francia, per abitante:
2002 -> 13.242,6 euro
2011 -> 17.149,8 euro
Incremento: 3.907,2 euro

Spesa pubblica tedesca totale:
2002-> 1.022.330, 01 milioni di euro
2011 -> 1.173.500 milioni di euro
Incremento: 151.169,99 milioni di euro

Spesa pubblica francese
2002 -> 815.804 milioni di euro
2011 -> 1.118.468 milioni di euro
Incremento: 302664 milioni di euro

Insomma, in Germania la spesa è aumentata di 151 miliardi, in Francia di 302 miliardi e mezzo: trai tu le conseguenze.

Se poi l'autore si sofferma sul rapporto spesa/PIL è perché è un indice da considerare necessariamente se si parla di politica economica più o meno keynesiana.

Fazioso anche quando cita alcuni debiti pubblici a caso: anche il Canada ha alto debito pubblico, anche gli USA (per non dire l'immarcescibile Giappone o altri paesi) - la questione (per la crescita, ma anche per i mercati) allora è solo la quantità di debito pubblico, o ci sono altre variabili da considerare per capire queste dinamiche? è così importante la quantità di debito pubblico? magari sì, ma ce lo spieghi (il perchè), per carità.
Anche perchè, guardando il Regno Unito (segue dissertazione OT sul Regno Unito)
vabbé, qui proprio hai letto un altro articolo, visto che il mio autore neanche parla di debiti pubblici, se non per dire che "in Francia, Spagna e Portogallo il debito era invece molto più basso [che in Italia], pari al 53, 59 e 54 per cento, rispettivamente. Con quel debito di partenza, gli altri paesi mediterranei hanno creduto di potere mantenere abitudini di spesa “mediterranee” sfruttando i tassi tedeschi garantiti dall’ombrello dell’euro."
Embé?
(basti confrontare il 2008-2009 di Francia e Italia, simile aumento della spesa pubblica/PIL a fronte di una caduta del PIL maggiore per l'Italia, paese esportatore come la Germania).

E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).
è chiaro che è un luogo comune: la Germania ha praticato prima la crescita, poi ancora la crescita, e insieme un realtivo rigore, quel tanto che serviva a tenere sotto controllo l'incremento di spesa ed evitare un eccesso di pressione fiscale. Con una spesa pubblica comunque sostenuta.
La Francia prima la spesa pubblica, eppoi basta. Una spesa pubblica superiore a quella della Germania, rispetto ai tedeschi meno attenta al welfare e più orientata a stimolare l'economia, con risultati purtroppo dubbi.
E senza possibilità di proseguire su questa strada. A meno che i crucchi non diano una mano sobbarcandosi un pò di debito o un pò di inflazione. Filosofie contrapposte? No. Interessi nazionali contrapposti? Sì (necessariamente e auspicabilmente da conciliare).
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Faccio ammenda sui dati, che non avevo (e non ho. Dove li hai trovati, grazie? :) ).
Resta il fatto che come li ha presentati l'autore dell'articolo è scorretto (poi, in concomitanza della crisi del 2008 ..). Presentati in termini assoluti ha ben altro senso. Anche lì è interessante vederli al 2007 - quanto erano stati davvero cicale Francia ed Italia (Spagna sì). Per

Ma il punto è: la crisi del 2008 è stata provocata dall'alto debito pubblico? No. Perchè ci sono paesi che aumentano il debito pubblico, e/o ce l'hanno molto alto e non vengono attaccati dai mercati, ed altri invece sì? la questione è quindi la spesa pubblica in sè, o sono altre? la crescita?
Questo sarebbe per me un punto cruciale, invece il punto dell'articolo un po' mi sfugge (a parte il fatto che "i governi a cui gli elettori oggi chiedono maggiore spesa pubblica sono quelli nei quali la spesa pubblica è salita di più negli ultimi dieci anni"). Anche lì: magari è vero, ma dove sono i dati comparati? compara solo alla Germania, :) .

Ora, tu sembri (eh, :) ) dire che la Germania è cresciuta perchè ha mantenuto i contini in ordine (sic!), e la Francia no, :) . Saranno altre le variabili che spiegano le perfomance macroeconomiche dei due paesi?
(tra l'altro, la spesa tedesca rimane alta eh ..).
Ci sono paesi con un alto rapporto spesa pubblica/PIL che hanno un'ottima crescita; e ci sono paesi con un basso rapporto spesa pubblica/PIL che hanno un'ottima crescita.
Quindi è davvero, bassa spesa pubblica => crescita? se sì, dove sono i dati? se no, cosa allora spiega?
Ora, non dico affrontare in un articoletto "senza pretese" (cit.) tematiche così complesse. Ma almeno indirizzare il problema, spiegare le questioni in ballo, eccetera. Quel che vuol dire (su rigore, crescita e spesa pubblica) mi pare solo abbozzato, :) . Dico ma non dico [ah, l'ho riletto: proprio perchè l'hai postato tu, :D . Magari lo ri-rileggo, :) ].

Sulla politica monetaria da attuare: tu dici, perchè i tedeschi dovrebbero permettere una più alta inflazione per loro, per favorire gli altri paesi?
Domanda legittima. La mia risposta è: SE agli altri paesi dell'eurozona (e tutta l'UE in generale) conviene, oggi 2012, tagliare i tassi per rilanciare l'economica, a costo di un po' più di inflazione (che danneggerebbe "solo" i tedeschi), è naturale per me che lo si debba fare.
Perchè altrimenti gli altri paesi dovrebbero "impoverirsi" (per capirsi, :) ) e non tagliare i tassi, per tenere bassa l'inflazione in Germania?
O è una politica monetaria comune, che cerca di fare il bene in quel preciso momento storico di tutta l'eurozona (anche a discapito della Germania); o è comprensibile che se ne esca da questo progetto comune, :) .
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

Comunque, oggi era il 9 Maggio, Giorno dell'Europa - dal 9 maggio 1950, giorno della dichiarazione di Robert Schuman ... :oops: :oops: :)

La dichiarazione del 9 maggio 1950


La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.
Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia, facendosi da oltre vent'anni antesignana di un'Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L'Europa non è stata fatta : abbiamo avuto la guerra.

L'Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l'azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania.
A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l'azione su un punto limitato ma decisivo.

Foto - Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei.
La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime.

La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica.

Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l'Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano. Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni.

Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace.Per giungere alla realizzazione degli obiettivi cosi' definiti, il governo francese è pronto ad iniziare dei negoziati sulle basi seguenti.

Il compito affidato alla comune Alta Autorità sarà di assicurare entro i termini più brevi: l'ammodernamento della produzione e il miglioramento della sua qualità: la fornitura, a condizioni uguali, del carbone e dell'acciaio sul mercato francese e sul mercato tedesco nonché su quelli dei paese aderenti: lo sviluppo dell'esportazione comune verso gli altri paesi; l'uguagliamento verso l'alto delle condizioni di vita della manodopera di queste industrie.

Per conseguire tali obiettivi, partendo dalle condizioni molto dissimili in cui attualmente si trovano le produzioni dei paesi aderenti, occorrerà mettere in vigore, a titolo transitorio, alcune disposizioni che comportano l'applicazione di un piano di produzione e di investimento, l'istituzione di meccanismi di perequazione dei prezzi e la creazione di un fondo di riconversione che faciliti la razionalizzazione della produzione. La circolazione del carbone e dell'acciaio tra i paesi aderenti sarà immediatamente esentata da qualsiasi dazio doganale e non potrà essere colpita da tariffe di trasporto differenziali. Ne risulteranno gradualmente le condizioni che assicureranno automaticamente la ripartizione più razionale della produzione al più alto livello di produttività.

Contrariamente ad un cartello internazionale, che tende alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e il mantenimento di profitti elevati, l'organizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e l'espansione della produzione.

I principi e gli impegni essenziali sopra definiti saranno oggetto di un trattato firmato tra gli stati e sottoposto alla ratifica dei parlamenti. I negoziati indispensabili per precisare le misure d'applicazione si svolgeranno con l'assistenza di un arbitro designato di comune accordo : costui sarà incaricato di verificare che gli accordi siano conformi ai principi e, in caso di contrasto irriducibile, fisserà la soluzione che sarà adottata.

L'Alta Autorità comune, incaricata del funzionamento dell'intero regime, sarà composta di personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi; un presidente sarà scelto di comune accordo dai governi; le sue decisioni saranno esecutive in Francia, Germania e negli altri paesi aderenti. Disposizioni appropriate assicureranno i necessari mezzi di ricorso contro le decisioni dell'Alta Autorità.
Un rappresentante delle Nazioni Unite presso detta autorità sarà incaricato di preparare due volte l'anno una relazione pubblica per l'ONU, nelle quale renderà conto del funzionamento del nuovo organismo, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi fini pacifici.

L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica in nulla il regime di proprietà delle imprese. Nell'esercizio del suo compito, l'Alta Autorità comune terrà conto dei poteri conferiti all'autorità internazionale della Ruhr e degli obblighi di qualsiasi natura imposti alla Germania, finché tali obblighi sussisteranno.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Ah questi scienziati politici, i soliti sentimentali...


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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

BackhandWinner ha scritto:Ah questi scienziati politici, i soliti sentimentali...


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Cuore di pietra; nemmeno un afflato europeo nella giornata dedicata ...
Non è che mi stai diventando mondialista à la Nickognito? :-? :D
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Lyndon79 ha scritto:
BackhandWinner ha scritto:Ah questi scienziati politici, i soliti sentimentali...


#100#
Cuore di pietra; nemmeno un afflato europeo nella giornata dedicata ...
Non è che mi stai diventando mondialista à la Nickognito? :-? :D
Mai: Europa uber alles. :D

Comunque pensa che, addirittura, ho un legame sentimentale privato con la fermata Schumann (Commissione Europea) della metro di Bruxelles: pu non esendo scienzito politico ( :D ), al solo sentire quel nome mi emoziono... :oops: :oops:
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Rosewall ha scritto:
E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).
è chiaro che è un luogo comune: la Germania ha praticato prima la crescita, poi ancora la crescita, e insieme un realtivo rigore, quel tanto che serviva a tenere sotto controllo l'incremento di spesa ed evitare un eccesso di pressione fiscale. Con una spesa pubblica comunque sostenuta.
Che si diffonde, incredibilmente, in un arco che va da Diliberto fino ad Albornoz, passando per Di Pietro, Grillo, Lyndon, Taylorhawkins, Kafelnikov e la Santanché.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Lyndon79 »

BackhandWinner ha scritto:
Rosewall ha scritto:
E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).
è chiaro che è un luogo comune: la Germania ha praticato prima la crescita, poi ancora la crescita, e insieme un realtivo rigore, quel tanto che serviva a tenere sotto controllo l'incremento di spesa ed evitare un eccesso di pressione fiscale. Con una spesa pubblica comunque sostenuta.
Che si diffonde, incredibilmente, in un arco che va da Diliberto fino ad Albornoz, passando per Di Pietro, Grillo, Lyndon, Taylorhawkins, Kafelnikov e la Santanché.
Ma torniamo al punto: la Germania cresce perchè ha i conti in controllo? :)
la Germania cresce perchè ha una spesa pubblica bassa? (no, peraltro).

Quindi, quale è il punto?

Sarà luogo comune; a voi pare che la strategia oggi dell'Italia sia quella di avere prima crescita, poi ancora crescita e insieme un relativo rigore? :-?

E il Fiscal Compact: è economicamente intelligente per i 25 paesi che l'hanno firmato?
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da taylorhawkins89 »

BackhandWinner ha scritto:
Rosewall ha scritto:
E' chiaro che ci sono due filosofie contrapposte: a) una più keynesiana, prima crescita poi semmai rigore sulla spesa pubblica; b) l'altra, prima rigore, e poi la crescita (perchè non si può avere vera crescita senza il rigore).
è chiaro che è un luogo comune: la Germania ha praticato prima la crescita, poi ancora la crescita, e insieme un realtivo rigore, quel tanto che serviva a tenere sotto controllo l'incremento di spesa ed evitare un eccesso di pressione fiscale. Con una spesa pubblica comunque sostenuta.
Che si diffonde, incredibilmente, in un arco che va da Diliberto fino ad Albornoz, passando per Di Pietro, Grillo, Lyndon, Taylorhawkins, Kafelnikov e la Santanché.
Aridaje! Ancora accostato a Grillo e Di Pietro. Io(e credo anche Lyndon) studio economia, le cose che sostengo le penso e sono pensiero di menti illuminate:Keynes,Krugman,Parguez ecc.ecc.
Grillo,Di Pietro,Santanche(?) fanno solo campagna elettorale, con gli ultimi due che appartengono a partiti che hanno sempre sostenuto i trattati(anticostituzionali) europei, soprattutto l'ex pm.
Penso che tra economisti neo-keynesiani, professori universitari americani, e qualche pseudo tecnico di stampo neoliberista, tenderei a fidarmi più dei primi, soprattutto se ho la faccia tosta di definirmi di sinistra. #113#
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da BackhandWinner »

Tra i commenti all'articolo de La Voce, ce n'è uno che linka ad un post che avrebbe potuto scrivere gianlu.:)

Quindi 'a germagna, così, d'emblée, dovrebbe "aumentare la propria domanda interna"? boh...
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da gianlu »

BackhandWinner ha scritto:Tra i commenti all'articolo de La Voce, ce n'è uno che linka ad un post che avrebbe potuto scrivere gianlu.:)

Quindi 'a germagna, così, d'emblée, dovrebbe "aumentare la propria domanda interna"? boh...
Che devo dire? E' perlomeno strano che siate contenti che la domanda di mezza europa - italia inclusa - sostenga la loro crescita a scapito della nostra.
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Nickognito »

Insomma, pensare che esistano due teorie diverse che sostengono l' una che sia piu' importante il rigore, l' altra che sia piu' importante la crescita, e' un luogo comune perche' capita che si tenga in un qualche conto entrambe le cose, da qualche parte.

Mah :)
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Unione Europea: prospettive, timori, speranze

Messaggio da Rosewall »

Ora, tu sembri (eh, :) ) dire che la Germania è cresciuta perchè ha mantenuto i contini in ordine (sic!), e la Francia no, :) . Saranno altre le variabili che spiegano le perfomance macroeconomiche dei due paesi?
(tra l'altro, la spesa tedesca rimane alta eh ..).
appunto. Lyndy, mizzega, attieniti a quello che uno scrive: nessuno ha mai sostenuto che la causa della crescita siano i conti in ordine ("sic!" cosa?), o che i debiti siano la causa delle crisi.

La crescita tedesca è stata favorita da molti fattori (coerenti con un'economia sociale di mercato, termine che significa tutto e il suo contrario, ma che di certo non rimanda ad un modello thatcheriano).
Il cosiddetto rigore è "solo" uno di questi fattori, e va inteso come controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica, che c'entra con la crescita perché ha consentito che la pressione fiscale si mantenesse entro un certo limite, e che nel contempo si continuasse ad investire le risorse pubbliche in settori cruciali quali servizi pubblici, ricerca, formazione, anche dopo il 2008.

La crisi è causata o aggravata dall'imposizione dell'austerità?
Risposta: quale austerità?
L'aumento di spesa pubblica è servito a prevenire, o contrastare, la recessione?
Risposta: no.
Se la crisi dei debiti sovrani fosse superata (ad esempio con gli eurobond), la crisi delle economie europee sarebbe risolta?
Risposta: c'è il fondato sospetto che tale crisi sia strutturale, e che la stessa crisi dei debiti sovrani non sia dovuta all'entità più o meno elevata di tali debiti, ma alla sfiducia verso le prospettive economiche degli europei.
L'opzione di intervenire incrementando ulteriormente la spesa pubblica o stampando nuova moneta, qualunque sia il giudizio sulla sua efficacia, comporta un costo per i tedeschi, da cui la loro perplessità?
Risposta: sì.
E' necessario che la Germania e gli altri paesi trovino un accordo?
Risposta: sì.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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