Qualche riflessione sparsa, come promesso.
Partiamo dal personaggio cardine della stagione, Claire. Claire in tutta la stagione si emancipa dalla figura del marito, con il tragico climax finale, forse il tema principale di questa season 3.
Eppure..eppure il suo distacco, nei modi e nei tempi, è sembrato troppo forzato e telefonato, con gli ultimi episodi in cui si faceva notare come FU senza di lei avrebbe perso, gli elettori che le dicono avrebbero votato per lei e non per il marito etc...
In pratica hanno allungato un brodo che poteva essere introdotto già a metà stagione, dopo lo strappo in Russia, senza cercare il finale ad effetto.
Personaggio di Claire confuso anche come scrittura, prima sfrutta il marito per farsi eleggere in maniera indegna come ambasciatrice, costringendo il suddetto a figure di palta a ripetizione, fino all'inevitabile rimozione, poi lo accusa di asfissiarla, di sfruttarla, di non assecondarla nelle sue ambizioni. Quando Frank le ha detto chiaro e tondo che non sapeva nemmeno lei cosa volesse è come se le parole fossero uscite dalla mie (le nostre) bocca.
Una caduta di sceneggiatura finale per un personaggio che ha quasi tenuto in piedi da solo la stagione.
E qui arriviamo alla seconda puntualizzazione, ovvero di una terza stagione troppo
character driven, troppo incentrata sulle strepitose colonne portanti e poco sulla storia in se', con personaggi di contorno lontani anni luce dalla Zoe e Peter Russo del passato, lo scrittore alla fine è servito solo come anti-terapeuta di coppia, a conti fatti, l'altra giornalista anonima.
Il personaggio di Doug si salva tra le figure di contorno, ma il suo doppiogioco alla Dunbar era telefonatissimo dall'inizio, mentre il suo percorso di umanizzazione troppo frettolosamente accantonato.
Bene la caricatura di Putin, anche.
Mendoza, che avrebbe dovuto essere il Grande Rivale repubblicano, fatto fuori con due battute-due.
Il tira-molla tra Remy e Jackie stucchevole.
In generale poi, ho riscontrato una fiacchezza generale, ovviamente rispetto alla prima, ma anche alla scorsa stagione.
Un Frank Underwood senza più sete di vendetta, meno mefistofelico e manovratore e più fiacco, addirittura succube degli eventi a volte.
Si sapeva che non sarebbe stato facile gestire questo momento, in una serie incentrata sulla vendetta di un politico senza scrupoli per uno sgarro subito e sulla sua travolgente scalata al potere, ed a mio avviso gli autori ci sono riusciti con esiti alterni.
Sorvolo poi sulle pecche di credibilità, 'chè la sospensione dell'incredulità era già stata messa a dura prova in passato, ma che il capo di gabinetto del Presidente degli Stati Uniti possa andare liberamente da Caracas al New Mexico (in piena campagna elettorale, con tutti i riflettori puntati addosso, per giunta) ad uccidere e gambizzare persone senza che nessuno se ne accorga è una roba un po' così, per dirne una.
Vediamo ora che si inventano gli autori per la prossima, perchè nella realtà la serie finirebbe in due puntate, o almeno la corsa alla elezione di Frank, giusto il tempo di rendere pubblica la separazione dalla moglie. In America una cosa di queste è la pietra tombale su qualsiasi campagna elettorale, figuriamoci per un Presidente.
Mi aspetto un Repubblicano bastardo (uno vero, la lista degli esempi da imitare non manca agli autori
) che tenga testa a Frank.
E un Underwood più cazzuto e spietato, come era nelle prime stagioni.