Burian siberiano ha scritto:https://acediseconda.tumblr.com/post/18 ... 6/un-punto
di Franco Resiak
Era finita, era vinta. Era giusto così, perchè è normale che il giocatore che fa più punti, fa più ace, mette più prime in campo, strappa più volte il servizio all’avversario, alla fine vinca la partita. Era finita, vinta, ed era giusto così.
E invece.
E invece siamo qui ad aggiornare l’albo d’oro dei rimpianti, abbiamo un nuovo primo posto che scavalca la finale di Wimbledon del 2008 e fa passare per trascurabili incidenti di percorso le delusioni degli US Open dal 2009 al 2011; per non parlare delle finali a Church Road del 2014 e 2015, quasi un ricordo piacevole adesso.
E invece, dritto largo di un metro, 40-30. Passante subìto dopo un attacco abbozzato e poco convinto. 40 pari, poi break, poi tutti sappiamo cosa è successo.
Come è successo? Perchè il servizio, che prima e dopo non ha - quasi - mai tradito, è mancato improvvisamente? Insomma, si può realisticamente pensare di capire perchè quei due punti li ha vinti Djokovic e non Lui?
No, ovviamente no. Ma io ho una teoria. Lui si è emozionato.
Si è reso conto che trasformare uno di quei due punti lo avrebbe trasportato in una dimensione storica in cui non è mai arrivato nessuno sportivo; che un punto lo separava dalla definitiva chiusura del dibattito su chi sia il G.O.A.T., il Più Grande, ma mica solo della storia del tennis, di qualsiasi sport.
Non era questione di vincere un altro Slam o di ritoccare qualche record già peraltro in mano sua, si trattava di trascendere completamente, e si trattava di farlo realizzando ancora un punto.
Secondo me Lui ha pensato a tutto questo, o a qualcosa di molto simile, e si è emozionato. Ed ha fallito.
Del resto, solo i superficiali hanno creduto alla favoletta dello svizzero austero, freddo, calcolatore e anaffettivo [...]Quante volte lo abbiamo visto piangere per una vittoria? Qualcuna. Quante per una sconfitta? Tante. Quante volte ha perso partite già vinte perchè non ha mantenuto i nervi saldi ed ha ceduto proprio quei 2-3 punti chiave? Tantissime, troppe.
Ma allora, se anche Lui può perdere punti, game, set, partite, trofei perchè si emoziona, dobbiamo riconsiderare alcune cose. Dobbiamo negare l’assioma su cui ace di seconda è nato e su cui noi che ci scriviamo abbiamo basato la nostra passione e il nostro credo tennistico: Lui non è peRFetto, Lui non è divino. E’ “solo” il più bravo di tutti a giocare al gioco del tennis, e più di tutti ha cercato di portare il suo tennis alla perfezione. Ma la ricerca della perfezione ha un prezzo: ieri - ma già altre volte in passato - abbiamo capito qual è.
E’ un male, pensare a Lui (anzi a lui) in questi termini? No, anzi. Avremmo dovuto farle prima, o farle meglio, queste considerazioni, ci saremmo goduti molto di più il viaggio. Avremmo apprezzato di più ogni punto, ogni partita e ogni trofeo, e forse oggi troveremmo meno difficile accettare l’idea di esserci andati (per interposta persona, perchè alla fine non abbiamo giocato noi) così vicini.
Perchè eravamo così vicini, e invece.
E invece celebriamo il quinto Wimbledon di Novak Djokovic, che ieri si è guadagnato un posto al tavolo dei grandissimi giocando una partita con alti e bassi ma di rara efficacia e infallibilità nei momenti davvero caldi. Cinque come Borg, cinque come Edberg e McEnroe messi assieme, cinque come Murray + Nadal e ancora ne avanza uno. Eppure, c’è un problema.
Djokovic è convinto che vincendo tornei su tornei, slam su slam, arrivando a 21, 25, 30 Majors sarà amato come lui. Superandolo, forse anche di più.
Non ha capito che l’altro più perde come ha perso ieri e più sarà adorato, più ci prova e più la gente urlerà per lui, più continua a combattere e più verrà sostenuto a discapito dei suoi avversari. Non l’ha capito, Nole, perchè lui sì che è austero, freddo e calcolatore.
Djokovic è l’uomo che volle farsi Re, ma che non potrà mai diventarlo, perchè non conosce che il linguaggio dei numeri, della forza bruta che distrugge il gioco che gli altri creano. Lui, invece, appartiene ad un’altra categoria, quelli che creano il gioco, che creano le emozioni, e quando crei un’emozione non c’è match point fallito che possa portarla via a chi l’ha provata.
Djokovic vuole essere come lui, e invece come lui non ci sarà mai nessuno
Bello.
Sì, credo anche io che sia andata così. D'altronde, si sa, i vecchietti son più facili alla commozione.
A conferma, direi, di quello che ha scritto Stefano nel topic del torneo, nel suo bel post su questa finale atroce e bellissima, sul fatto che i tre ormai sono concentrati sulla loro battaglia per la storia del tennis.
Ma questa battaglia sembra far bene al più giovane e male al più anziano (che infatti ha sottolineato, in conferenza stampa, come lui 'non giochi per battere o difendere i record'; una punzecchiatura al serbo che, essendosi ormai rassegnato all'evidenza incontrovertibile di non essere amato da nessuno - esclusi i suoi connazionali e qualche bislacco nerd tennistico sparso per il mondo - si è buttato sulla quantità).
Al di là di quello che viene riportato nel post sopra, credo abbiano, banalmente, influito anche le memorie negative newyorchesi.
O forse questa è stata una mia proiezione da aficionado, chissà. Io, ahimé, ci ho pensato subito. Ed è come se avessi visto una nuvoletta da fumetto sopra la testa di Federer con lo stesso pensiero. Ma sarà stata un'allucinazione...anche se poi, è andata come sappiamo, purtroppo.
Madonna, che sofferenza sportiva: così è davvero troppo, fa sembrare la Domenica delle Salme, al confronto, una sconfitta quasi normale...