Gios ha scritto:Rosewall ha scritto:quanto è bello 'Storia della tua vita'? È uno dei racconti di 'Storie della tua vita' di Ted Chiang, collega di Ugly. Dal racconto (una linguista alle prese con una lingua aliena) è tratto 'Arrival', che pure è un bel film ma che c'entra assai poco con lo scritto, da cui riprende (saggiamente) "solo" il tema della simultaneità e dell'accettazione.
La protagonista è talmente convincente e analitica nel parlarci della lingua degli eptapodi (e delle sue interessanti implicazioni) che vien da pensare che esista davvero, come capita per certe invenzioni di Borges (guardacaso citato).
Mi è piaciuto molto come in poche pagine si mescolino integrali e libero arbitrio, atti linguistici e (commoventi) sensazioni, emozioni materne. Il tutto senza risultare nè faticoso (quelli linguistici e fisico-matematici sono piccolissimi cenni, però esposti con semplicità divulgativa), nè esageratamente banalizzante (no effetto bigino), nè spocchioso (sono funzionali alla storia - della sua vita).
Gli altri racconti della raccolta li ho trovati buoni (fra gli altri Torre di Babilonia, Capire, Divisione per zero, Settantadue lettere, L'inferno è l'assenza di Dio) anche se non quanto il gioiello suddetto.
L'ho letto al momento del film, forse poco prima, forse poco dopo, ma devo dire non mi ha lasciato una grande traccia: tanto che non ne ricordo nulla. Probabilmente uno dei punti più affascinanti (la costruzione linguistica e semiotica) per un appassionato tolkieniano non può che risultare rudimentale, in fondo (questo sì me lo ricordo, ecco).
Magari lo rileggo!
Non mi ci sono poi rimesso, ma nel compenso ho letto una raccolta di racconti:
Respiro. Trattano tutti temi interessanti (determinismo, libero arbitrio, memoria), e sono scritti con eleganza (ha imparato la lezione di Wallace). Il mio preferito, che non è il migliore, racconta, con ricorsione mediorientale, di un portale che apre ad una realtà distante quarant'anni, in avanti se percorso in un verso, all'indietro se percorso nell'altro (e con la doverosa precisazione che il portale doveva esistere, quarant'anni prima), e delle conseguenze sulla vita di un cordaio di Baghdad. Il migliore, che non è il mio preferito, racconta (ricordando non poco Black Mirror, ma senza quell'ansia da fine del mondo) invece l'evolversi della relazione tra qualcosa di molto simile ad un Tamagotchi piuttosto brillante e la sua umana.
In questi giorni sto leggendo una graphic novel (non ne leggo molte, principalmente per un duplice pregiudizio):
Mille navi di Eric Shanofer, che tratta grossomodo dell'Iliade. Gli si possono imputare due colpe: la prima, analogamente a Baricco, è quella di avere eliminato l'elemento soprannaturale (che è una scelta lecita: ma anche così
mediocre); la seconda si pone a mezzo tra un pregio ed un difetto: l'avere cercato di
ordinare il corpus accessorio all'Iliade (che, come sappiamo, racconta di una manciata di giorni della guerra). Lo fa con misura e buonsenso, quasi sempre, (tranne per la surreale entrata e uscita di scena di Castore e Polluce, fratelli di Elena, che Shanover fa annegare malamente braccando, loro, Argonauti, la nave di Paride-Alessandro. In proposito della perdita di senso della demitizzazione del materiale, perdiamo il sublime accostamento tra i quattro figli di Leda, Tindaro e Zeus), eppure parte del fascino di tutta quella ingarbugliata narrazione è anche nella discordanza delle varie redazioni e versioni: ma ovviamente per un'opera organica o si omette, oppure si coordina. È una attitudine, questa, che un greco non avrebbe mai capito, e che è dei nostri tempi contemporanei, quando e dove il reale deve coincidere con l'esistente.
Per il resto, è una grande opera di
costume, dove si percepisce la grande ricerca in ambito architettonico, archeologico, geografico, e che sfocia anche nell'artigianato (Elena è in tutto e per tutto la Dea dello Zafferano di Akrotiri). Ci sarebbe persino una volontà di ordine fisiologico, dato che in tutta evidenza tutti i personaggi sono etnicamente affini: ed anche qui forse Shanover corregge un po' troppo Omero, che dice spesso come Elena fosse un tocco di ragazza bionda, magari molto simile a Diana Kruger, per non parlare di Achille, che a Sciro l'avran chiamato Pirra (fulva) mica per nulla (d'altra parte i patriarcali achei erano pur sempre caucasici: questo almeno dicono gli antropologi).
Ottima lettura, comunque.