È così, ed è molto interessante, è una delle lezioni dell'antropologia: l'uomo ha coscienza (utilizzo qui il termine con valore quasi tecnico) del sé, del proprio esistere (Ries afferma, poeticamente ma anche professionalmente, l'ho già citato, qui, che questa coscienza sia nata dallo spostamento della postura dei primi ominidi, che passando in posizione bipede, poterono osservare il cielo, ed essere, con tremore, coinvolti e sconvolti dalla visione perdurante del firmamento notturno) e questa coscienza gli permette di slegare il sé dall'altro, ovvero dal "cosmo" (= ordine) di cui è sia parte integrante, sia (per quanto possibile, direbbe la fisica del primo Novecento) osservatore. In questa maniera l'uomo ha sviluppato diverse ipotesi sul suo ruolo all'interno del suo spazio vitale, e più in generale della realtà: è una impresa, questa, una avventura del genio umana, rischiosa, avvincente, ed in molti sensi spericolata, se non pretenziosa, considerando che è davvero un battito di ciglia, quello che ci separa dai nostri progenitori della Savana. Ma è bella, e rende lieti di essere qui oggi e farne parte.Roda ha scritto: ↑ven apr 14, 2023 12:00 pmEh, come nopaoolino ha scritto: ↑ven apr 14, 2023 11:22 am Il problema di fondo è che l'essere umano ha consapevolezza di se stesso, dell'universo, della natura e del suo ruolo rispetto all'universo e alla natura.
Se non avesse questa consapevolezza, non si farebbe tutti questi problemi. Continuerebbe a sfruttare e modificare la natura a suo bisogno e necessità, ignorando la modifica dell'ecosistema e degli impatti sugli altri esseri viventi, fino a una sua stessa evoluzione o un'estinzione.
Poi chiaro Roda, negli individui, e anche nella sua globalità, questa coscienza (indubitabile, a mio sentire) può essere individualmente (spesso) e collegialmente (sovente) disattesa, e l'uomo si imbruttisce e degrada: ma ciò non toglie come il paradigma rimanga, e sia notevole.